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I finiani pronti a dare battaglia alla Camera

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2010 09:58
22/05/2010 09:58
 
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I finiani pronti a dare battaglia alla Camera
"Patti stravolti, i traditori non siamo noi"

Berlusconi convoca il relatore. "Questa legge non mi piace"

DI LIANA MILELLA

I finiani pronti a dare battaglia alla Camera "Patti    stravolti, i traditori non siamo noi" "STO CON GLI EDITORI"
"Condivido la linea degli editori sulle intercettazioni" dice Luca Cordero di Montezemolo

ROMA - A sentirli, i berluscones fanno pure gli spiritosi. 'Sto sottosegretario Usa? «Ma via, adesso dobbiamo stare a sentire quelli dello scandalo Watergate...». E un altro: «Ma noi non ci siamo mica occupati della riforma sanitaria di Obama...». Però il colpo l'hanno incassato, anche se per la verità il Cavaliere, ormai da due giorni, aveva capito che la partita delle intercettazioni stava marcendo. E che doveva cambiare in fretta strategia. Troppo di traverso il Quirinale. E troppo convergenti la posizione del Colle con quella dei finiani. Che, tra di loro, ormai si sono passati voce: «Alla Camera punteremo i piedi. Se il provvedimento resta così non lo faremo passare».

Aggiungono che, giusto ricostruendo storicamente quello che è avvenuto prima del voto di fiducia a Montecitorio dell'11 giugno, è provato che i "traditori" non sono loro, ma gli uomini del premier, quelli della cerchia più stretta, Alfano e Ghedini, che hanno stravolto gli accordi di allora, hanno ricambiato il testo proprio laddove era stato emendamento da Giulia Bongiorno dopo una furibonda litigata con Ghedini e un vertice tra Berlusconi, Fini e Letta.
Fini dunque, e il Quirinale. Questi sono gli ostacoli.

Il Cavaliere li annusa e stoppa la macchina che cammina verso l'ok in commissione Giustizia al Senato mercoledì pomeriggio. Capisce che, per evitare lo scontro, deve mutare il ddl. Di sera tardi, convoca a Palazzo Grazioli i suoi luogotenenti al Senato Gasparri e Quagliariello. Fissa un incontro per la mattina seguente, e vede il Guardasigilli Alfano, il plenipotenziario per la giustizia Ghedini, il relatore Roberto Centaro. Qui comincia lo scaricabarile su cui chi sia il "colpevole" di aver cambiato il testo della Camera. Il ministro della Giustizia se ne lava le mani, tenta di buttare la responsabilità su Centaro. Gli bruciano un paio di modifiche, proprio quelle che stanno scatenando il finimondo con editori e stampa. 

Chi ha voluto cancellare a tutti i costi le due righe della Bongiorno, «degli atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto», che lei impose di inserire dopo aver scritto anche una lettera all'Ordine dei giornalisti in cui garantiva il diritto di cronaca? Chi ha raddoppiato le pene per i cronisti giudiziari e le multe degli editori? Il cerino resta nelle mani di Alfano, perché è noto come l'ex presidente dell'Antimafia Centaro, che approda al Pdl dai ranghi della magistratura, in veste di colomba, li avesse sconsigliati («Stiamo attenti perché così andiamo a sbattere») prevedendo le reazioni che poi si sono puntualmente verificate. Ma allora non fu ascoltato.

Ieri, alle 12 e 22, Centaro è tornato da Berlusconi. Per fare il punto su un testo che ormai va nuovamente rimesso in quadra. Il Cavaliere è stufo. Per almeno due buoni motivi. «Questa legge non mi piace, non garantisce nulla, le indagini sulla corruzione andranno avanti. Ve l'avevo detto io che ci si doveva limitare a mafia e terrorismo. Così è tutto inutile». Chi, accanto a lui, sonda l'umore della gente avverte il fastidio per un governo che sta perdendo tantissimo tempo su una legge che serve per bloccare la giustizia, mentre la crisi economica si aggrava e i lavoratori ne pagano il prezzo. Sono quei tre punti percentuali persi proprio per questo motivo che portano Berlusconi a ordinare: «Dobbiamo chiudere in fretta. Facciamo le modifiche, ma che siano quelle giuste. Poi, se è necessario, mettiamo la fiducia».

Centaro esce dalla stanza con l'accordo che si farà subito un maxi-emendamento, l'ennesimo, da portare in aula al Senato tra una settimana. Dopo nemmeno un'ora, ecco le dichiarazioni del sottosegretario americano che fanno infuriare il premier, come sa chi conosce il suo rapporto di dipendenza dagli Usa. Sarebbe tentato di mandare tutto all'aria, di bloccare il ddl. Mentre da palazzo Chigi lavorano per ottenere una rettifica, lui ordina ad Alfano di spiegare cosa c'è veramente nella legge «per mettere fine alla disinformazione della sinistra». Poi l'ultima disposizione: «Ora basta. Chiudiamo definitivamente questa storia entro un mese».

by Repubblica



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