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Lo Stato di diritto, la Repubblica del favore e la mafiosita' sociale

Ultimo Aggiornamento: 04/07/2010 21:46
04/07/2010 21:46
 
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Lo Stato di diritto, la Repubblica del favore e la mafiosita' sociale

Non sapere di avere ragione per l’impossibilita’ o, peggio, per la svogliatezza di informarsi sui propri diritti. Sapere di essere nel giusto ma avere paura di far valere le proprie ragioni ed accontentarsi delle briciole elargite manco fosse oro dai potenti di turno.
A guardarsi intorno, a volte, sembra che il principio fondante dello Stato di diritto, vale a dire la legalita’, segni il passo di fronte ad un’arrendevolezza di chi trova giustificazione nei classici “tengo famiglia", "ho da pagare un mutuo" o ancora al piu’ insopportabile, "chi te lo fa fare tanto non cambia nulla…”.
Cercare le ragioni di tutto cio’ non e’ semplice anche perche’ molte volte, la maggior parte, la colpa non e’ del singolo che preferisce restare in silenzio perche’ indolente ma del complesso delle relazioni sociali che riflettendosi sulle sue azioni lo costringono a comportarsi in quel modo. A ben vedere quello che un tempo era un concetto legato esclusivamente alla criminalita’ organizzata, ossia la nozione di associazione di tipo mafioso, oggi, con i dovuti aggiustamenti, non resta confinato al fenomeno strettamente criminale ma ha preso piede anche in altri ambiti della societa’ civile.
Era il 1982 quando nel nostro codice penale veniva introdotto l’art. 416-bis che al terzo comma specificava che cosa dovesse intendersi per associazione di tipo mafioso. Oggi, dopo qualche aggiustamento quella norma ci dice che “l'associazione e’ di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta’ che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita’ economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se’ o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a se’ o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”.
A leggere tra le righe di questa nozione, pur su piani del tutto diversi, non possono non venire alla mente certi parallelismi. Si scandalizzerebbe nessuno se nel definire la situazione di certi nostri mercati si dicesse che tante delle imprese che vi concorrono spesso si avvalgono della loro posizione di superiorita’ rispetto al consumatore e della loro miglior conoscenza dei mezzi di comunicazione per acquisire sempre maggior profitto solo attraverso l’ingannevolezza e scorrettezza dei loro comportamenti e non per l’effettiva bonta’ dei loro prodotti? Susciterebbe scandalo la definizione di un partito politico o di un gruppo di partiti, cosi’ come spesso delle amministrazioni pubbliche, quali centri decisionali e di potere che agiscono, tramite la sistematica elargizione di prebende e favoricchi d’ogni genere e con l’altrettanto scientifica violazione dei piu’ elementari diritti dei cittadini/utenti, al solo fine di mantenere e perpetrare il loro potere? Probabilmente solo i diretti interessati storcerebbero il naso. Qualche volta e’ proprio la legge, troppo molle e mal congegnata, che punendo in modo eccessivamente lieve o lasciando impunite determinate pratiche, fa sorgere lo sconforto e fa agire di conseguenza. Altre volte e’ la mancanza di conoscenza delle cose che fa percepire come esistente un’inesistente impunita’.
E’ qui che nasce la mafiosita’ sociale, quella forza d’intimidazione da cui scaturisce il “tengo famiglia, mutuo, ecc.” ed e’ da qui, percio’, che deve nascere la forza di combattere i soprusi e l’illegalita’ diffusa. Usare la Rete e le nuove tecnologie per informarsi, conoscere i propri diritti ed agire di conseguenza per ottenere il rispetto della legalita’. Fare in modo che il favore torni ad essere un diritto, chiedere ed ottenere con la forza della legge il rispetto delle regole. Non e’ difficile basta crederci.


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