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Berlusconi rompe: "Finiani fuori dal partito"

Ultimo Aggiornamento: 30/07/2010 01:49
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Berlusconi rompe: "Finiani fuori dal partito"
Gli uomini del cofondatore verso nuovi gruppi

Documento dell'ufficio di Presidenza:deferimento contro tre fedelissimi dell'ex leader di An: Granata, Bocchino e Briguglio. Il Cavaliere durissimo con l'ex leader di An: "Non abbiamo più fiducia in lui, iniziative perché lasci la presidenza della Camera". La replica: "Non decidi tu". In 34 pronti a nuova formazione parlamentare. Firmano lettera di dimissioni dal gruppo e la affidano al loro leader di MARCO BRACCONI

 Berlusconi rompe: "Finiani fuori dal partito"   Gli uomini del cofondatore verso nuovi gruppi

ROMA - Il Pdl non c'è più. O almeno, non c'è più per come lo abbiamo conosciuto finora. E' durato meno di un'ora l'ufficio di presidenza per decidere l'isolamento e, di fatto, l'espulsione dei dissidenti. Le parole pronunciate da Silvio Berlusconi non lasciano spazio a equivoci: "Facciano pure i gruppi autonomi tanto sono fuori". Non solo. Dal Cavaliere arriva un attacco durissimo alla terza carica dello Stato: "Allo stato viene meno la fiducia nei confronti del ruolo di garanzia del presidente della Camera indicato dalla maggioranza uscita vittoriosa dalle elezioni". E alla domanda se il cofondatore debba lasciare il suo incarico il capo del governo  risponde: "Riteniamo che siano i membri del Parlamento a dover assumere un'iniziativa al riguardo". La replica dell'ex leader di An sul punto è secca: "La presidenza della Camera non è nelle disponibilità del presidente del Consiglio..."

Commentando il testo uscito dall'ufficio di presidenza, nel quale si dice che "le posizioni dell'onorevole Fini sono assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà", Berlusconi ostenta sicurezza: "Non c'è problema per il governo, la maggioranza non è a rischio e i nostri elettori non tollerano più che nei confronti del governo ci sia un atteggiamento di opposizione permanente. Non sono più disposto ad accettare il dissenso, un vero partito nel partito. Vogliono fare il gruppo? Facciano quello che vogliono, tanto sono fuori".

Per quanto riguarda i ministri vicini al presidente della Camera, il Cavaliere dice di "non avere difficoltà a continuare una collaborazione con validi ministri".

Intanto, sul piano formale, il verdetto dell'Ufficio di Presidenza prevede anche una sanzione diretta contro tre tra i deputati più vicini al Presidente della Camera. Bocchino, Granata e Briguglio sono stati deferiti ai probiviri. Anche se a questo punto pare difficile che il meccanismo innescato non porti ad una scissione che renderebbe di fatto inutile la decisione.

Il documento.
Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio saranno deferiti al collegio dei probiviri. Ma è il vero bersaglio del documento è il presidente della Camera. Le sue posizioni sono ritenute "incompatibili con i principi ispiratori del Pdl. E si pone il problema della presidenza della Camera" perché viene meno "anche la fiducia del Pdl nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni".

IL DOCUMENTO DELL'UFFICIO POLITICO PDL
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Nel testo uscito da Palazzo Grazioli si fa riferimento alla "volontà degli elettori" e si attacca duramente "l'uso politico della giustizia" e "il ruolo politico assunto da Fini". Che in sostanza viene accusato di essersi ritagliato un profilo di opposizione all'esecutivo, con uno "stillicidio continuo" e sistematico, attraverso una "critica demolitoria alle decisioni prese dal partito".

I finiani pronti all'addio. Dopo l'attacco durissimo della maggioranza Pdl  i deputati finiani hanno firmato una lettera di dimissioni dal gruppo parlamentare della Camera. Le lettere sono ora nelle mani del presidente che, spiegano alcuni dei firmatari, le userà domani "a seconda di quello che accadrà". Sarebbero almeno 34 i componenti di un nuovo gruppo a Montecitorio. Per quanto riguarda la possibilità di formare un gruppo di finiani anche a Palazzo Madama sarebbero pronti ad entrare nelle 'file' di Fini anche i senatori Adriana Poli Bortone e Giovanni Pistorio.

I numeri in Parlamento.
Attualmente la maggioranza di governo nei due rami del Parlamento è di 342 deputati e 174 senatori, a fronte di una maggioranza necessaria, rispettivamente, di 316 a Montecitorio e 162 a Palazzo Madama. A Montecitorio basterebbero quindi 27 voti in meno per portare il Governo a 315, sotto la soglia minima di sopravvivenza. E stando ai numeri di queste ore potrebbero essere addirittura 34 i deputati finiani a sfilarsi. A Palazzo Madama, invece, per perdere la maggioranza degli aventi diritto, dovrebbero essere 16 i senatori ad abbandonare il Pdl. 

Le reazioni.
A ufficio politico del Pdl concluso, Bersani ha detto che è "un singolare tribunale che processa gli innocenti". Bersani ha salutato i deputati del Pd alla Camera, prima della pausa estiva, brindando: "A un nuovo governo". Poi ha chiesto al Cavaliere di andare in Parlamento, "perché questa è una vera crisi". Domani mattina alle 9 assemblea del Pd per discutere della situazione.

Sul webmagazine di  Farefuturo si parla di "Operazione Baygon", vale a dire di "disinfestazione del pluralismo, il Pdl sta adottando metodi, linguaggi e liturgie che tradiscono l’essenza stessa del suo progetto. Quel progetto che doveva regalare all’Italia il tanto atteso partito liberale di massa, maggioritario e plurale. Ma a furia di disinfestare, si rischia l'avvelenamento".

La giornata. Le ore della resa dei conti nella maggioranza si era aperta con il rifiuto dell'ultima mediazione. "L'offerta di tregua di Gianfranco Fini è arrivata troppo tardi, fuori tempo massimo". Così, nel vertice notturno di palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi e gli altri partecipanti alla riunione (compreso Giuliano Ferrara) avevano declinato l'invito del Presidente della Camera a "resettare tutto senza risentimenti".

La stesura del documento. Tutta la giornata si era consumata nell'attesa dell'ufficio di presidenza. E sulla formula dell'eventuale "scomunica" a Gianfranco Fini e ai finiani. Non "più politicamente vicini al partito", questo il passaggio chiave al centro del documento alla cui stesura aevav lavorato per tutto il pomeriggio lo stato maggiore del Pdl, riunitosi a Palazzo Grazioli.

Le mosse dei finiani.
Mentre  diventava chiaro che le due anime del Pdl erano sempre più lontane anche i finiani si mettevano in moto. Già dalla mattina si intensificavano i contatti tra  il Presidente della Camera e i suoi fedelissimi. Già il tam tam del pomeriggio parlava di 34 deputati vicini all'ex An pronti a firmare la richiesta di costituzione di un nuovo gruppo parlamentare alla Camera.

BY REPUBBLICA



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Pdl, il documento dell'Ufficio di Presidenza


Ecco il testo approvato dall'Ufficio di Presidenza del Pdl. Si tratta di un documento di sei pagine, votato da trentatrè componenti, ad eccezione dei tre esponenti finiani (Urso, Ronchi e Viespoli).

ROMA - "L'Italia necessita di profondi cambiamenti sia nella sfera economica che in quella politica e istituzionale. L'azione del nostro governo presieduto da Silvio Berlusconi e la nascita del Pdl rappresentano ciascuno nella propria sfera, la risposta più efficace alla crisi del Paese. Il governo ha dovuto agire nel pieno della crisi economica più grave dopo quella del 1929, riuscendo ad evitare, da un lato, gli effetti più dirompenti della crisi sul tenore di vita delle famiglie e dei lavoratori, e, dall'altro lato, preservando la pace sociale e la tenuta dei conti pubblici. Con la nascita del Pdl, dall'altra parte, la vita politica italiana ha fatto un ulteriore passo in avanti verso la semplificazione e il bipolarismo. Occorre aggiungere che, in questi anni, gli elettori hanno sostenuto e premiato sia l'azione del governo che la nuova realtà politica rappresentata dal Pdl".

"Immediatamente dopo il nostro congresso fondativo, tuttavia, e soprattutto dopo le elezioni regionali, sono intervenute delle novità che hanno mutato profondamente la situazione, al punto da richiedere oggi una decisione risolutiva. Invece di interpretare correttamente la chiara volontà degli elettori, nella vita politica italiana hanno ripreso vigore mai spente velleità di dare una spallata al governo in carica attraverso l'uso politico della giustizia e sulla base di una campagna mediatica e scandalistica, indirizzata contro il governo e il nostro partito, che non ha precedenti nella storia di un Paese democratico. L'opposizione, purtroppo, non ha cambiato atteggiamento rispetto al passato, preferendo cavalcare l'uso politico delle inchieste giudiziarie e le speculazioni della stampa piuttosto che condurre un'opposizione costruttiva con uno spirito riformista".

"Ciò che non era prevedibile è il ruolo politico assunto dall'attuale Presidente della Camera. Soprattutto dopo il voto delle regionali che ha rafforzato il governo e il ruolo del Pdl, l'On. Gianfranco Fini ha via via evidenziato un profilo politico di opposizione al governo, al partito ed alla persona del Presidente del Consiglio. Non si tratta beninteso di mettere in discussione la possibilità di esprimere il proprio dissenso in un partito democratico, possibilità che non è mai stata minimamente limitata o resa impossibile. Al contrario, il Pdl si è contraddistinto dal momento in cui è stato fondato per l'ampia discussione che si è svolta all'interno degli organismi democraticamente eletti".

"Le posizioni dell'On. Fini si sono manifestate sempre di più, non come un legittimo dissenso, bensì come uno stillicidio di distinguo  o contrarietà nei confronti del programma di governo sottoscritto con gli elettori.e votato dalle Camere, come una critica demolitoria alle decisioni prese dal partito, peraltro note e condivise da tutti, e infine come un attacco sistematico diretto al ruolo e alla figura del Presidente del Consiglio.
In particolare, l'On. Fini e taluni dei  parlamentari che a lui fanno riferimento hanno costantemente formulato orientamenti e perfino proposte di legge su temi qualificanti come ad esempio la cittadinanza breve e il voto agli extracomunitari che confliggono apertamente con il programma che la maggioranza ha sottoscritto solennemente con gli elettori".

"Sulla legge elettorale, vi è stata una apertura inaspettata a tesi che contrastano con le costanti posizioni tenute da sempre dal centro-destra e dallo stesso Fini. Persino il tema della legalità per il quale è innegabile il successo del Governo e della maggioranza in termini di contrasto alla criminalità di ogni tipo e di riduzione dell'immigrazione clandestina, è stato impropriamente utilizzato per alimentare polemiche interne. Il PdL proseguirà con decisione nell'opera di difesa della legalità, a tutti i livelli, ma non possiamo accettare giudizi sommari fondati su anticipazioni mediatiche".

"Le cronache giornalistiche degli ultimi mesi testimoniano d'altronde meglio di ogni esempio la distanza crescente tra le posizioni del PDL, quelle dell'0n. Fini e dei suoi sostenitori, sebbene tra questi non siano mancati coloro che hanno seriamente lavorato per riportare il tutto nell'alveo di una corretta e fisiologica dialettica politica. Tutto ciò è tanto più grave considerando il ruolo istituzionale ricoperto dall'On. Fini, un ruolo che è sempre stato ispirato nella storia della nostra Repubblica ad equilibrio e moderazione nei pronunciamenti di carattere politico, pur senza rinunciare alla propria appartenenza politica. Mai prima d'ora è avvenuto che il presidente della Camera assumesse un ruolo politico così pronunciato perfino nella polemica di partito e nell'attualità contingente, rinunciando ad un tempo alla propria imparzialità istituzionale e ad un minimo di ragionevoli rapporti di solidarietà con il proprio partito e con la maggioranza che lo ha designato alla carica che ricopre. L'unico breve periodo in cui Fini ha "rivendicato"nei fatti un ruolo superpartes è stato durante la campagna elettorale per le regionali al fine di giustificare l'assenza di un suo sostegno ai candidati del PDL".

"I nostri elettori non tollerano più che nei confronti del governo vi sia  un atteggiamento di opposizione permanente , spesso oggettivamente  in sintonia  con posizioni e temi della sinistra e delle altre forze contrarie alla maggioranza, condotto per di più da uno dei vertici delle istituzioni di garanzia.  Non sono più disposti ad accettare una forma di dissenso all'interno del partito che si manifesta nella forma di una vera e propria opposizione, con tanto di struttura organizzativa, tesseramento e iniziative, prefigurando già l'esistenza sul territorio e in Parlamento di un vero e proprio partito nel partito, pronto, addirittura, a dar vita a una nuova aggregazione politica alternativa al PDL. I nostri elettori, inoltre, ci chiedono a gran voce di non abbandonare la nuova concezione della politica, per la quale è nato il Pdl, che si fonda su una chiara cornice culturale e di valori, sulla scelta di un chiaro e definito programma di governo, su una compatta maggioranza di governo e sull'indicazione di un Presidente del Consiglio, in una logica di alternanza fra schieramenti alternativi".

"Questo atteggiamento di opposizione sistematica al nostro partito  e nei confronti del governo che, ripetiamo, nulla ha a che vedere con un dissenso che legittimamente può essere esercitato all'interno del partito,  ha già creato gravi conseguenze sull'orientamento dell'opinione pubblica e soprattutto dei nostri elettori, sempre più sconcertati per un atteggiamento che mina alla base gli sforzi positivi messi in atto per amalgamare le diverse tradizioni politiche che si riconoscono nel Pdl e per costruire un nuovo movimento politico unitario di tutti coloro che non si riconoscono in questa sinistra. La condivisione di principi comuni e il vincolo di solidarietà con i propri compagni di partito sono fondamenti imprescindibili dell'appartenenza a una forza politica. Partecipare attivamente e pubblicamente a quel gioco al massacro che vorrebbe consegnare alle Procure della Repubblica, agli organi di stampa e ai nostri avversari politici i tempi, i modi e perfino i contenuti della definizione degli organigrammi di partito e la composizione degli organi istituzionali, è incompatibile con la storia dei moderati e dei liberali italiani che si riconoscono nel Popolo della Libertà".

"Si milita nello stesso partito quando si avverte il vincolo della comune appartenenza e della solidarietà fra i consociati. Si sta nel Popolo della Libertà quando ci si riconosce nei principi del popolarismo europeo che al primo posto mettono la persona e la sua dignità. Assecondare qualsiasi tentativo di uso politico della giustizia; porre in contraddizione la legalità e il garantismo; mostrarsi esitanti nel respingere i teoremi che vorrebbero fondare la storia degli ultimi sedici anni su un "patto criminale" con quella mafia che mai come in questi due anni è stata contrastata con tanta durezza e con tanta efficacia, significherebbe contraddire la nostra storia e la nostra identità. Per queste ragioni questo ufficio di Presidenza considera le posizioni dell'On. Fini assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà, con gli impegni assunti con gli elettori e con l'attività politica del Popolo della Libertà".

"Di conseguenza viene meno anche la fiducia del PdL nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni. L'Ufficio di Presidenza del Popolo della Libertà ha inoltre condiviso la decisione del Comitato di Coordinamento di deferire ai Probiviri gli onorevoli Bocchino, Granata e Briguglio".
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(29 luglio 2010)



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