ITALIA-SERBIA, GUERRIGLIA URBANA A GENOVA: 15 FERITI.

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AbbaZuzzU
00mercoledì 13 ottobre 2010 08:15
È di tre feriti al momento, ma è destinato a salire, il bilancio degli scontri fuori dallo stadio Luigi Ferraris di Marassi. Le forze dell'ordine sono impegnate in un vero e proprio corpo a corpo contro gli ultrà serbi che hanno scatenato una guerriglia urbana. Secondo quanto spiegano dal 118, uno dei feriti è un carabiniere che ha riportato un trauma cranico. Un tifoso serbo ha invece un trauma facciale. Entrambi sono stati trasferiti in ambulanza all'ospedale San Martino, in codice giallo. Una terza persona è rimasta ferita, ma non si conoscono ancora le sue condizioni.
Prosegue il corpo a corpo ingaggiato dagli ultrà serbi con le forze dell'ordine dentro le gabbie di prefiltraggio davanti allo stadio Marassi. È incominciato dopo che un cancello è stato sfondato dai teppisti. La polizia è entrata per contenere la violenza e all'interno della gabbia si è scatenato l'inferno. Fino ad ora in tre sono rimasti feriti, fra questi un carabiniere. Le forze dell'ordine hanno poi tentato di respingere i facinorosi verso i portici dello Stadio, e lì lo scontro si è acutizzato provocando altri feriti, almeno 10, secondo alcuni testimoni.

Alcuni pullman di tifosi serbi sono usciti dall'area di pre-filtraggio davanti allo stadio Ferraris dove si sono verificati gli scontri al termine della partita. Intanto, le forze dell'ordine stanno perquisendo numerosi ultrà serbi coinvolti nelle violenze. Sono una quindicina in tutto i feriti accertati: tra questi un carabiniere ed un poliziotto che hanno riportato un trauma cranico e uno facciale. Sei feriti sono stati trasferiti all'ospedale San Martino di Genova, sei all'ospedale Galliera, due al Villa Scassi.

POLIZIA SERBA COLLABORA I vertici della polizia serba hanno detto in serata di essere pronti a dare «tutto l'aiuto che verrà chiesto» dai colleghi italiani. In dichiarazioni riferite dall'emittente B92, un portavoce ha detto che al tempo stesso il ministero dell'Interno intende fare tutto il possibile per non consentire agli hooligan, al loro ritorno in Serbia, di mettere in pericolo la sicurezza dei cittadini e di provocare ulteriori danni materiali. Il portavoce si è poi riferito all'attacco portato prima della partita dai teppisti al portiere della Nazionale serba Vladimir Stoikovic, annunciando che su tale episodio verranno effettuate indagini a parte.

COISP: SI DIMETTA CHI E' RESPONSABILE Il sindacato di polizia Coisp chiede le immediate dimissioni di chi ha autorizzato la trasferta dei tifosi della Nazionale di calcio Serba. «Ribadiamo per l'ennesima volta - afferma Matteo Bianchi, Segretario Generale Provinciale del Coisp - che non è più tollerabile la situazione insanabile e perversa in cui sfocia il mondo delle tifoserie calcistiche e non è più accettabile che, quello che dovrebbe essere uno spettacolo di puro e sano spirito sportivo a cui tutti potrebbero partecipare, si trasformi inevitabilmente in uno scenario simile a quello dei territori colpiti da conflitti bellici, come lo è stato negli anni passati in Serbia!». «E come al solito - prosegue - esprimiamo la massima soddisfazione per la professionalità ed altissima competenza dimostrata nuovamente dagli operatori della sicurezza , che hanno dimostrato grande organizzazione non usando alcun tipo di violenza per risanare l'ordine e la sicurezza pubblica». Il Coisp chiede anche al Ministro dell'Interno di verificare l'efficacia della tessera del tifoso per quanto concerne le partite dei vari campionati di calcio italiani.

CONDANNA DEL MINISTRO DELLO SPORT Il ministro dello Sport serbo Snezana Samardzic Markovic ha fermamente condannato le violenze dei tifosi serbi stasera a Genova affermando che «lo Stato deve fare i conti con questa gente in modo estremamente deciso». «È necessario stroncare una volta per tutte le violenze sui campi sportivi», ha aggiunto il ministro secondo cui «gruppi di gente che si presenta come tifosi serbi hanno gettato cattiva luce non solo su se stessi, ma anche su tutta la Serbia». Le immagini delle violenze di Genova, ha ancora detto il ministro, «faranno il giro del mondo e questa è un'immensa vergogna per tutto lo sport serbo. Per questo è necessario che lo stato faccia definitivamente i conti una volta per tutti con questi violenti».

ITALIA-SERBIA NON DISPUTATA Nel giorno della follia perde il calcio e probabilmente vince l'Italia di Prandelli, magra consolazione offerta dall' Uefa che a termini di regolamento dovrebbe punire con il 3-0 a tavolino le intemperanze dei tifosi serbi a Genova (a meno di un'esclusione definitiva della squadra di Belgrado dal girone di qualificazione europeo con conseguente partita persa contro tutte le altre nazionali). Paradossale e cinica allo stesso tempo, è questa la sintesi di quella che avrebbe dovuto essere una partita di pallone, sebbene importante tra due formazioni per diversi motivi in un momento delicato, e si è rivelata invece una serata con tensioni di ordine pubblico che da queste parti hanno ricordato quelle del G8 del 2001. Duemila ultras serbi, infuriati per la figuraccia rimediata in casa venerdì scorso contro l'Estonia (inopinata sconfitta per 3-1), mettono in stato d'assedio per ore la città. Assaltano il pullman della loro squadra all'uscita dell'albergo minacciando e terrorizzando il portiere titolare Stojkovic, reo forse di avere subito 3 reti nella gara precedente o di essere passato dalla Stella Rossa al Partizan: e lui chiede e ottiene di essere esentato dalla gara. Nel loro riscaldamento alla partita di violenza che hanno in animo di giocare allo stadio, i tifosi serbi imbrattano palazzo Ducale e accennano scontri con la polizia. Quindi raggiungono il Ferraris, dove si sistemano nei posti a loro riservati, in alto nel settore Gabbia vicino alla gradinata Nord. Ed è lì, poco prima dell'inizio della partita, che succede il patatrac: la postazione altolocata offre agli ultras l'occasione di lanciare a piacimento fumogeni sui tifosi azzurri nella vicina gradinata e in campo. Mentre lo speaker annuncia le formazioni, si scatena il panico: la polizia accorre come può, soprattutto nelle forze che ha. Ovvero poche, perchè sebbene in assetto antisommossa, certo non sono in gran numero gli agenti allo stadio. Anzi tra loro spicca una signora commissario in giubbino con paillettes, pantacollant e stivali tacco 9: alla quale prudentemente fanno mettere un casco in diretta tv mentre i suoi colleghi provano a fronteggiare inutilmente i tifosi che con cesoie continuano a tranciare la rete di protezione del campo. Milleduecento bambini delle scuole calcio genovesi, seduti non lontano dai serbi, impauritissimi lasciano lo stadio con i loro accompagnatori. Lo stadio intero intanto si ribella alla violenza dei serbi, e fischia. Slitta intanto l'inizio della gara, le squadre provano comunque ad entrare in campo. E dopo decine di minuti di tensione, il capitano della nazionale di Belgrado, Dejan Stankovic, si decide ad andare a parlamentare con i suoi tifosi. Lo fa per la verità in maniera enigmatica: seguito dai compagni di squadra, si piazza sotto al settore Gabbia e batte le mani, poi un gesto con le dita che da alcuni giornalisti serbi viene spiegato come tipico del nazionalismo di Belgrado. Fatto sta che i tifosi serbi sembrano mollare: la banda esegue gli inni, l'arbitro scozzese Thompson fischia finalmente l'inizio della gara che coerentemente mette subito in mostra un paio di fallacci dei serbi, oltre a un gol in fuorigioco di Bonucci. Quando la partita dovrebbe decollare, invece dei gol in campo dal settore Gabbia tornano a piovere i fumogeni. È troppo anche per il paziente direttore di gara e per il delegato Uefa, che al 6' sospendono l'incontro. Ancora qualche minuto di parlottii inutili tra le delegazioni delle due nazionali, rappresentanti Uefa e arbitro, quindi le squadre tornano negli spogliatoi. «Una cosa mai vista», commenta amaro Prandelli mentre il suo successore sulla panchina della Fiorentina, il serbo Sinisa Mihajlovic, seraficamente lascia la tribuna sorridendo.

VIMINALE: INFORMAZIONI INSUFFICIENTI I cortei di alcune centinaia di tifosi serbi, molti dei quali ubriachi, che oggi hanno sconvolto il centro di Genova, e il tentativo di assalto al pullman della Nazionale serba durante il trasferimento dall'hotel al campo di gioco, sono stati solo il prologo della violenza scatenata poi all'interno dello stadio Luigi Ferraris in occasione della partita Italia-Serbia. Una violenza che ha portato alla chiusura della gara decretata dall'arbitro, lo scozzese Craig Thomson, dopo il secondo lancio di fumogeni, perchè non si riteneva più garantita la sicurezza dei giocatori in campo. Forti le polemiche che si sono scatenate sulla gestione dell'ordine pubblico. Secondo fonti del Viminale, le autorità di pubblica sicurezza della Serbia avrebbero fornito informazioni «assolutamente insufficienti» sui tifosi che avrebbero seguito in Italia la Nazionale ospite. Inoltre, la decisione delle forze dell'ordine di non intervenire con una carica nella curva occupata dai tifosi serbi sarebbe stata dettata dalla preoccupazione di evitare «scontri violenti che sarebbero potuti degenerare». Inoltre il non intervento sarebbe stato deciso anche per tutelare la sicurezza degli altri spettatori. Tutto è cominciato nel pomeriggio, quando due cortei spontanei dei tifosi della Nazionale serba hanno cominciato a sfilare nel centro cittadino mandando in tilt il traffico. Fin da subito i tifosi sono stati scortati dalle forze dell'ordine che li hanno diretti verso lo stadio Ferraris. La tensione è salita durante il tragitto quando gli ultrà si sono scatenati in lanci di bottiglie, petardi, e fumogeni contro la polizia, ma anche contro passanti e negozianti. Un giovane serbo è rimasto ferito, mentre un altro è stato fermato dai carabinieri. Nel frattempo un gruppo di una settantina di tifosi si è diretto verso l'hotel Savoia di via Balbi dove la squadra stava per essere trasferita al campo da gioco. Hanno accerchiato il pullman cercando di salire a bordo ed hanno lanciato un fumogeno all'interno, che tuttavia non ha provocato feriti. In particolare si sono accaniti contro il portiere Vladimir Stoikovic, accusato di aver fatto perdere la squadra in casa contro l'Estonia nell'incontro di venerdì. Il servizio di sicurezza è intervenuto tempestivamente facendoli desistere. Tutti i tifosi sono stati scortati fino allo stadio, dove la situazione sembrava essersi calmata. Ma la violenza è ripresa, con lanci di fumogeni e petardi, poco prima del fischio di inizio, facendo ritardare la gara. Gli ultrà hanno cercato di sfondare le barriere separatorie, sia sul lato del campo che sul laterale settore ospiti adiacente alla gradinata nord, che li divideva dagli italiani. A questo punto le forze dell'ordine hanno creato una cintura esterna di sicurezza anche sul terreno di gioco. Con oltre mezz'ora di ritardo le squadre si sono schierate in campo e la banda ha cominciato ad intonare gli inni, con tutto lo stadio che fischiava quello serbo. La partita è cominciata ma senza il portiere Stoikovic, che ha chiesto di non scendere in campo dopo le minacce subite fuori dall'albergo. La partita è stata sospesa dopo soli sei minuti di gioco per un nuovo lancio di fumogeni in campo che hanno rischiato di colpire il numero uno Zeljko Brkic e le squadre sono rientrate negli spogliatoi. In un'atmosfera surreale, la partita è stata poi chiusa definitivamente dall'arbitro, perchè «non era più garantita la sicurezza dei giocatori in campo». I tifosi serbi, posizionati nel settore 6, hanno abbandonato per la maggior parte il loro posto e sono usciti nella zona di prefiltraggio. Inevitabile lo scontro con un centinaio di tifosi italiani, con nuovi lanci di oggetti e fumogeni. Le forze dell'ordine in tenuta antisommossa hanno formato un cordone di sicurezza utilizzando anche i mezzi blindati. Rinforzi dai reparti mobili sono arrivati da Milano e Torino e si sta studiando il modo per allontanare i tifosi serbi dalla città. Mezzi del trasporto pubblico cittadino sono arrivati per trasferire, sotto scorta, parte dei tifosi fino alle loro auto in un parcheggio vicino all'autostrada. Altri pullman della tifoseria dovrebbero essere scortati dalle forze dell'ordine fino all'autostrada. Ma intanto continuano i lanci di fumogeni e bottiglie.

MASSUCCI: TIFOSI COSI' NON DOVEVANO NEMMENO ARRIVARE Ai 'becchinì di Belgrado quel passaggio dalla Stella Rossa al Partizan non andava giù: Vladimir Stoikovic non avrebbe mai dovuto cambiare maglia. Ma l'odio per il portiere titolare della Serbia, e le minacce con tanto di assalto al bus della squadra, erano chiaramente solo un pretesto degli ultras più violenti d'Europa, i 'Grobarì, holligan dal nome evocativo. Sono i lavoratori del cimitero, forse addirittura gli stessi estremisti che tre giorni fa hanno messo a ferro e fuoco Belgrado contro il Gay-pride Stasera non solo hanno fatto saltare una partita, ma hanno aperto un fronte 'diplomaticò tra Roma e Belgrado. L'obiettivo era imporre la violenza delle frange estreme della tifoseria filo-nazista in tutto Europa. L'effetto, forse addirittura più devastante visto le polemiche a distanza tra responsabili italiani e serbi. «Tutta Europa ha visto, è una vergogna», dice il presidente della federcalcio serba, Tomislav Karadzic. Dopo l'abolizione del visto per uscire dal paese, era la prima grande trasferta al seguito della nazionale dopo la guerra del '91. È finita in una serata di follia, guerriglia, saluti nazisti, bandiere del Kosovo bruciate. E accuse finali. «Dalla polizia serba non era arrivata alcuna segnalazione che il livello di pericolosità dei tifosi al seguito fosse così alto: gente così non sarebbe mai dovuta arrivare fino a Genova», attacca Roberto Massucci, responsabile della sicurezza della nazionale inviato dal Viminale. Nei giorni della tolleranza zero, il dirigente del ministero dell'interno deve anche difendere le forze dell'ordine dalle critiche per tutti quei petardi entrati al Ferraris, eludendo i controlli. «Anche se dai contatti con la polizia serba non ci avevano segnalato un livelli di pericolosità tali, ma solo il numero dei tifosi, per esperienza sapevamo che era una partita a rischio - ha spiegato Massucci - L'apparato di sicurezza era adeguato, ma mai avremmo immaginato un livello di aggressività così alto. I controlli sono stati accurati, per quanto può essere in breve tempo su 2.000 persone. Ma va chiarito che in tutti gli stadi del mondo non ci può essere una perquisizione: chi vuole introdurre dolosamente quei fumogeni, evidentemente ci riesce». Poi, l'affondo finale: «Tifosi del genere non avrebbero mai dovuto arrivare fino a Genova. Noi le persone pericolose le blocchiamo a casa, e nel caso non sia possibile - ha aggiunto Massucci - segnaliamo alla polizia del paese in cui andiamo i loro nomi. E mandiamo nostri funzionari». Quanti poliziotti serbi c'erano a Genova? «Nessuno», chiude Massucci. «Da due giorni avvertivamo la pressione dei tifosi attorno al nostro stadio - ha però insistito Karadzic - e avevamo avvertito le autorità italiane del rischio hooligan». Quando però i 'becchini di Belgrado erano già a Genova. Massucci ha spiegato che quando nel pomeriggio hanno cominciato a devastare il centro di Genova, la questura aveva deciso di non intervenire per tutelare i cittadini. Meglio portare l'orda dentro lo stadio, e lì controllarla. «Avevamo garantito la partita dal rischio invasione, dopo la forte tensione iniziale: un livello di aggressività così alto non si vedeva da tempo in Europa». Poi nella gabbia di Marassi i 'Becchinì del Partizan si sono alleati con i nemici della Stella Rossa, rivali storici. E l'arbitro ha detto basta.

PRANDELLI: ROBA MAI VISTA Un portiere nascosto nello spogliatoio degli avversari, i giocatori serbi che fanno capire agli azzurri la volontà degli ultras di Belgrado di far saltare la partita, i tifosi dagli spalti che urlano 'basta, bastà mentre le furie serbe provano a sfondare le vetrate antiproiettili. E Stankovic che prova a chiedere scusa agli 'amicì italiani. È la serata surreale di Genova, raccontata dai protagonisti. «Ma perchè non riusciamo mai a prevenire cose così?...», dice Prandelli. «Quando siamo arrivati allo stadio, siamo entrati nello spogliatoio e abbiamo trovato Vladimir Stojkovic, il loro portiere titolare, seduto sulle nostre panche, tremante - le parole del commissario tecnico, quando da poco l'arbitro Thomson ha ufficializzato il definitivo stop - Non capivamo, poi l'interprete ci ha spiegato: aveva subito minacce e un tentativo d'aggressione sul pullman, temeva per la sua incolumità». Altro che esclusione per scelta tecnica, dopo l'assalto degli ultras davanti al Savoia tutti i giocatori della Serbia hanno capito che la partita era ad altro rischio. Voci incontrollate parlavano di un tentativo di accoltellamento per Stojkovic, secondo le ricostruzioni della polizia si è trattato di un gruppo di ultras che è entrato nel pullman e ha lanciato un petardo acceso verso il suo obiettivo. «Stankovic si è scusato con noi, non sapeva cosa dire», ha raccontato Leonardo Bonucci, uno degli azzurri in campo. «Quando ci hanno spiegato - ha aggiunto il ct dell'Italia - abbiamo capito che la partita era ad alto rischio. I giocatori serbi erano convinti che i loro ultras si fossero organizzati per non far giocare la partita, almeno questa era l'impressione». Poi tutti in campo, tra attese, tensioni, rinvii, e solo sei minuti di partita. «Ma non è calcio - aggiunge Bonucci - Avevamo paura in campo, anche per la gente sugli spalti. Io avevo tutta la famiglia, a un certo punto ho guardato verso la gente e li ho riconosciuti, ho capito che stavano bene e mi sono tranquillizzato». Sotto choc Viviano, il portiere dell'Italia che al 6' del primo tempo è stato bersagliato da due petardi. «Ne ho avuta tanta, davvero - spiega il numero 1 azzurro - Ho detto all'arbitro che io in quella porta non tornavo a giocare, se voleva proprio continuare che invertisse le porte. O altrimenti non mi muovevo». Poco prima, gli undici giocatori serbi erano andati sotto la loro curva, a chiedere dei fermarsi. Ma non è sfuggito quel surreale applauso rivolto alle furie ultras. «Ma quale applauso, gli stavamo chiedendo di smettere...», il gesto di stizza di capitan Stankovic, al bordocampista Rai. «In tanti anni di calcio non avevo mai visto nulla del genere - la conclusione di Prandelli - Delusione e amarezza sono enormi, se poi penso a quanti bambini c'erano allo stadio. L'amarezza è anche perchè alla fine non riusciamo mai a prevenire fatti del genere». E il j'accuse cade così, pesante come un masso enorme.

TENSIONE IN STRADA DALLE 19 Scontri e lanci di bottiglie contro la polizia, scritte sui muri di palazzo Ducale. È salita la tensione, nel centro di Genova, tra i tifosi serbi e le forze dell'ordine. La situazione, in un primo momento tranquilla, è degenerata intorno alle 19 alla partenza dei due cortei spontanei che stanno bloccando la città. Il primo partito da piazza De Ferrari, il secondo da piazza Fontane Marose. In tutto i supporter serbi sono circa 300. I tifosi serbi, a Genova per seguire la propria Nazionale che gioca stasera contro in una partita per la qualificazione agli Europei 2012, stanno anche lanciando oggetti e petardi all'indirizzo di passanti e negozianti. Le forze dell'ordine, il reparto mobile della polizia ed il battaglione dei carabinieri sono mobilitati. Al momento non si segnalano feriti. La Digos sta monitorando la situazione. Il momento di maggiore tensione si è registrato davanti alla Fnac in via Venti Settembre. Alcuni tifosi serbi nel mezzo del corteo spontaneo hanno aggredito un auto della Digos danneggiandola. Sul posto sono è intervenuto personale del reparto mobile della polizia e del battaglione dei carabinieri, che ha caricato i tifosi slavi riportando l'ordine. Tutto questo davanti a decine di passanti in fuga e commercianti costretti a chiudere in fretta e furia i negozi. Poco prima una settantina di questi tifosi si era staccata dal gruppo ed era andata a contestare la Nazionale serba, reduce dalla sconfitta in casa contro l'Estonia per 3-1 nell'incontro di venerdì, nei pressi dell'hotel Savoia nella zona di Principe dove alloggiava il team allenato da Petrovic. I tifosi serbi avevano lanciato oggetti ed un fumogeno era finito all'interno del pullman dei giocatori. Nessun calciatore o membro dello staff è rimasto ferito. Ora i tifosi si trovano all'interno dello stadio e la situazione sembra essere tornata alla normalità. Al momento non si registrano feriti o contusi e la Digos sta vagliando la posizione di alcuni tifosi coinvolti negli scontri.

GLI ULTRAS SERBI ABBONATI ALLE VIOLENZE Tifosi avversari feriti o uccisi, anche a colpi d'arma da fuoco; poliziotti e giornalisti aggrediti o minacciati; incidenti in patria e all'estero: gli ultrà serbi hanno un curriculum da brivido. Gli incidenti provocati stasera a Genova in occasione di Italia-Serbia non sono una novità nella storia del calcio della Repubblica ex jugoslava. Stavolta però le conseguenze per la Nazionale di Belgrado potrebbero andare al di là del prevedibile 3-0 a tavolino per gli azzurri. Nell'ottobre 2009 la Fifa minacciò penalizzazioni in caso di nuove violenze da parte dei gruppi più radicali al seguito della Serbia. La maggior parte del tifo organizzato serbo si raccoglie intorno al Partizan e alla Stella Rossa, le due squadre di Belgrado. Ma anche formazioni minori hanno i loro manipoli di teppisti al seguito. Tutti confluiscono sugli spalti nelle partite interne o all'estero della Nazionale. Sempre nell'ottobre 2009 il procuratore generale serbo Slobodan Radovanovic chiese alla Corte costituzionale di Belgrado di mettere al bando 14 gruppi di tifosi estremisti, ritenuti responsabili di violenze e disordini. Solo tra gli episodi degli ultimi due anni spicca la morte, dopo 12 giorni di coma, di un tifoso della squadra francese del Tolosa, aggredito a metà settembre 2009 a Belgrado dagli hooligan del Partizan prima di un match di Europa League. Un sostenitore della squadra serba del Vozdovac venne invece ucciso da un rivale del Rad nel 2009: l'assassino fu condannato a 30 anni di carcere. Nell'aprile scorso un tifoso della Stella Rossa rimase gravemente ferito da un colpo di pistola sparato dentro lo stadio durante la semifinale di coppa di Serbia con L'Ofk. Spesso le violenze degli ultrà vengono connotate politicamente, in quanto la maggior parte degli hooligan appartengono agli ambienti ultranazionalisti serbi. Appena domenica scorsa a Belgrado i partecipanti alla sfilata del Gay Pride sono stati aggrediti da gruppi estremisti, con oltre cento feriti. Anche in questo caso si è parlato di teppisti del calcio. Fra tanti fatti sanguinosi, un episodio certamente di minore gravità: il presidente serbo Boris Tadic nel dicembre 2009 venne multato di 400 euro da un tribunale di Belgrado per aver celebrato bevendo champagne allo stadio la qualificazione della Nazionale ai Mondiali. Aveva violato il divieto di consumare alcool all'interno e nel raggio di un chilometro dagli stadi.
www.leggo.it/articolo.php?id=84693
AbbaZuzzU
00mercoledì 13 ottobre 2010 08:16
AbbaZuzzU
00mercoledì 13 ottobre 2010 08:16
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