Inoltre vorrei aggiungere, tratto da
www.geocities.com/psychohistory2001/mussolini.html
Fascismo e nazionalsocialismo
Non solo non mancarono neppure gli ebrei fascisti, ma questi aiutarono nel finanziamento dei primi gruppi fascisti e del “Il Popolo d’Italia”, che diventò uno dei giornali del partito, ed ebbero parte attiva nelle squadre di Italo Balbo (De Felice, op.cit., p.73).
Tra i partecipanti alla fondazione dei fasci di combattimento a Milano, il 23 Marzo 1919, i famosi sansepolcristi, ci furono certamente almeno cinque ebrei, e tre ebrei figurano nel matirologio ufficiale della rivoluzione fascista (ibidem). Duecentotrenta ebrei parteciparono alla marcia su Roma (ibidem).
A differenza dei loro correligionari tedeschi, che furono sempre frustrati nel disperato tentativo di partecipare agli eventi, al di qua delle Alpi ebraismo e patriottismo fu una formula che funzionò alla perfezione.
Gli ebrei della penisola, oltre all’autoidentificazione assoluta con gli interessi dello Stato italiano, ispirata e messa in atto dal processo storico per il quale le aspirazioni irredentistiche e liberiste avevano combaciato ed erano in simbiosi con le proprie, avevano anche assorbito il fascino della cultura apollinea circostante. Pur mantenendo la propria identità particolare di fondo, che trovava espressione nell’eco di un lontano passato comune e l’orgoglio di appartenere a un elite intellettuale e spirituale, gli ebrei erano orgogliosi anche di essere italiani e di avere legato il proprio destino a quello della nazione. Pur ricordando la Gerusalemme terrestre e l’antica particolarietà nazionale, si sentivano fortunati di essere stati trapiantati proprio nella terra che aveva dato quei doni che li circondavano: Virgilio, Dante, il Petrarca, Giotto, Brunelleschi, Michelangelo, Leonardo e così via, fusi nell’aria di tolleranza e di libertà che emanavano da quando gli italiani erano riusciti a prendere nelle proprie mani la propria sorte. Il messaggio apollineo di sublimazione, la sua ebbrezza, per ricalcare l’espressione Nietzscheana, non poteva non essere penetrato nella ricettiva psiche ebraica.
Quando Mussolini, nel patetico tentativo di mimare Hitler, introdusse nel 1938 le leggi razziali, alcuni gerarchi fascisti, tra cui Italo Balbo, lo sconsigliarono in proposito, facendogli notare che non pochi “camerati” erano ebrei, e mal si addiceva l’idea di razza allo spirito del popolo italiano (ibidem, p.248).
Il Duce infatti comunicava con il popolo italiano parlando di Patria e di supremazia dello Stato: quando cominciò a parlare di razza introdusse una stonatura stridente e in realtà gli italiani, pur ripetendo la parola come pappagalli, non riuscivano a capire che cosa intendesse. Infatti non lo sapeva nemmeno lui.