5 GIOVANNI PATTISTA

Manlio-
00mercoledì 20 aprile 2011 19:04
Giovanni Battista uomo e testomonio (Giovanni 1, Giovanni 3:28-31)
Giovanni Battista uomo e testomonio (Giovanni 1, Giovanni 3:28-31)

Abbiamo considerato or ora la grandezza di Giovanni Battista come profeta, secondo ciò che disse il Signore in Matteo 11:9; un’altra espressione che troviamo in questo stesso capitolo, ci presenterebbe piuttosto la sua grandezza come uomo. «In verità», dice il Signore, «fra i nati di donna, non è sorto nessuno maggiore di Giovanni il battista» (Matteo 11:11) (*). — Nel primo capitolo dell’Evangelo di Giovanni, egli è grande in tre modi: personalmente, in testimonianza e moralmente.

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(*) Non dimentichiamo che Luca 7:26 applica questo stesso passo al profeta Giovanni Battista.
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Consideriamo dapprima la sua persona. Fin dal principio del Vangelo, dopo averci presentato, per servirci delle parole d’un altro, «ciò che il Signore è divinamente in Sé stesso» (versetti 1-5 di Giovanni 1), lo Spirito Santo introduce solennemente un uomo sulla scena, distinto per la sua missione da tutti gli altri uomini: «Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni» (Giovanni 1:6). Poi (Giovanni 1:8) lo caratterizza con un segno negativo «Egli stesso non era la luce». Quale valore personale aveva dunque quest’uomo, al punto che lo Spirito Santo giudicasse opportuno di dichiarare che egli non era ciò che è Dio nella Sua essenza! Ciò che era positivamente, lo dice il Signore nel capitolo 5: «Egli era la lampada ardente e splendente e voi avete voluto per un breve tempo godere alla sua luce» (Giovanni 5:35). Come lampada, il suo chiarore era così grande, che quando appariva recava quasi la gioia dell’astro del giorno.

Allorché i Giudei inviano da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli chi egli sia, Giovanni risponde: «Io non sono il Cristo... né il profeta» (annunziato in Deut. 18:15-18). Aveva un tal valore al cospetto degli uomini, che egli dichiarava non essere il personaggio più elevato d’Israele! Eccetto Cristo, non vi fu giammai nel mondo un uomo più grande di lui.

Esaminiamo ora la sua testimonianza. In rapporto con il carattere divino di Cristo nell’Evangelo di Giovanni, questa era quasi illimitata e molteplice, quantunque si riferisse ad un solo ed unico oggetto.

In primo luogo «esso venne come testimone per rendere testimonianza alla luce» (Giovanni 1:7) — missione senza precedenti nella storia dell’uomo! Moralmente il monda era come un paese desolato, sepolto in una notte perpetua; Giovanni Battista viene, annunziando l’apparizione d’un astro che dissiperà le tenebre ed apporterà ai miseri la salvezza, la gioia e la vita. Tale è la prima testimonianza di quest’uomo. Ahimè! il suo risultato avrebbe dovuto essere in proporzione alla sua importanza, poiché Giovanni venne «affinché tutti credessero per mezzo di lui» (Giovanni 1:7); ma l’astro annunziato non fu compreso dalle tenebre, né conosciuto dal mondo, né ricevuto dai Suoi (Israele). Questi hanno ben voluto rallegrarsi, per un breve tempo, alla luce della lampada, ma non hanno voluto venire al sole per avere la vita (Giovanni 5:35,40).

In secondo luogo Giovanni Battista rende testimonianza alla Parola fatta carne (Giov. 1:15), a Dio fatto uomo, disceso quaggiù per rimediare il nostro stato e per rivelare il Padre. Quale testimonianza è mai questa, in contrasto con ciò che Dio aveva rivelato nei secoli scorsi! — La legge era venuta per Mosè, ma ciò che rispondeva in grazia allo stato dell’uomo, manifestandolo in pari tempo, era rimasto sconosciuto fino allora. Israele aveva potuto conoscere Dio come l’Eterno; l’unigenito Figlio che è nel seno del Padre, ci ha messi in rapporto con il Padre. Ora la testimonianza di Giovanni comporta questa rivelazione.

Nel versetto 19 si trova una terza testimonianza, testimonianza negativa, mi direte, poiché Giovanni dice lì ciò che egli non è. È appunto a ciò che il Signore sembra alludere nel capitolo 5:33, quando dice: «Voi avete mandato a interrogare Giovanni, ed egli ha reso testimonianza alla verità.» Or questa testimonianza mette Giovanni Battista interamente da parte. La verità è che lui era niente e che il Cristo, questo profeta che egli non aveva ancora veduto, era tutto. Per me, trovo tale testimonianza d’una grande bellezza: Giovanni Battista si annientò per il trionfo della verità. Più tardi, questo Cristo annunziato da Giovanni, dopo essersi annientato Egli pure, comparisce davanti a Pilato, rende testimonianza che Egli è re, e per mantenere intatta la verità, non tiene conto della Sua vita. Giovanni Battista aveva detto: «Io non lo sono» — Gesù dice: «Io lo sono». In questa occasione il Signore avrebbe potuto tacere, ma quando si tratta della verità, Egli parla, risponde, e la Sua parola è come la firma della Sua condanna.

Ecco ora una quarta testimonianza (Giov. 1:29), di un’importanza speciale nella carriera di questo uomo di Dio. Fin qui Giovanni non conosceva il Signore personalmente; ora «vede Gesù che viene a lui» ed emetto un grido di gioia. Non dice Ecco la luce, o la Parola fatta carne, od il Cristo, ma: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!» — Gli appare ad un tempo il valore dell’epoca di Cristo e quello della Sua persona. Scopre in Gesù la vittima perfetta ed il Salvatore, «l’Agnello di Dio», e vede l’opera Sua; egli la vede in tutta la sua estensione, la contempla nei suoi risultati, fino allo stabilimento dei nuovi cieli e della nuova terra, dove la giustizia abiterà, e dove il peccato sarà tolto dalla scena per sempre. Inoltre la contempla nei suoi risultati, quando, rendendo testimonianza, dice: «Ho visto lo Spirito scendere dal cielo come una colomba e fermarsi su di lui..., è quello che battezza con lo Spirito Santo» (Giovanni 1:32:33). Per questo battesimo il credente è ormai assicurato dell’efficacia di quest’opera in suo favore; è ripieno della speranza d’essere ben presto con Cristo e simile a Lui nel cielo.

Caro lettore, ciò che avviene lì a Giovanni, dovrebbe avvenire a noi tutti. Non si apprezza convenientemente il valore dell’opera di Cristo, se non quando lo si conosce personalmente. Se Giovanni Battista aveva un’intelligenza estesa di queste cose, è perché Gesù occupava interamente i suoi pensieri. La conoscenza personale di Cristo allarga nei nostri cuori la conoscenza di ogni cosa, e nello stesso tempo ci riduce al nulla nella nostra propria stima e nella stima del mondo, o piuttosto nel modo con cui cerchiamo essere stimati da esso. L’apostolo Paolo vedendo le immense ricchezze di Cristo, dice : «io che sono il minimo fra tutti i santi» (Efesini 3:8). Ma questa persona non è conosciuta che per la fede. Vedete ciò che gli uomini scoprono quando la loro intelligenza s’applica a conoscere Dio: credono che Giovanni Battista sia il Cristo; e dicono di Cristo che Egli è Giovanni Battista (Matteo 16:14).

Questa testimonianza, però, non è propriamente profetica; Giovanni, già insegnato prima, ha capito queste cose come possiamo capirle noi, facendo la conoscenza dell’Agnello di Dio. Troviamo quindi nel versetto 34 una quinta testimonianza: «E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio di Dio». Egli può dire: Ora ho veduto e reso testimonianza di ciò che ho veduto. Questo uomo, al quale Dio stesso rende testimonianza con la discesa dello Spirito Santo, è il Figlio di Dio.

Manlio-
00mercoledì 20 aprile 2011 19:04

Non è vero, che un testimonio come Giovanni Battista avrebbe potuto avere un alto concetto di sé? Ma ciò che lo rende moralmente grande, è (come abbiamo già detto) che egli si considera meno che nulla ai propri occhi, non perché cerchi di annichilire sé stesso, ma perché per lui Cristo riempie la terra, il cielo, l’eternità, ed il suo proprio cuore, e che è per lui tutto quello che esprimono questi nomi preziosissimi: Signore, Cristo, Profeta, Agnello di Dio, Oggetto del cielo, Figlio di Dio, Sposo. Il suo cuore intero è colpito da questo uomo che viene dopo lui, ma che gli è antiposto. Perciò, quando gli emissari dei Giudei gli domandano: «Che dici di te stesso?» egli rispose: «Io sono la voce di uno che grida nel deserto». — Io non dico verbo di me stesso; sono una voce. Avrebbe potuto dire: Sono il portavoce di Dio; ma no — uno strumento potrebbe ancora considerarsi per qualche cosa, e dice: «io sono la voce di uno che grida» — ciò gli toglie, per così dire, la sua personalità — «che grida nel deserto», cioè una voce che è senza eco, senza valore agli occhi degli uomini! «Perché dunque battezzi?» gli domandano essi; ed egli risponde: «Io battezzo in acqua», — cos’è il mio battesimo di fronte al suo?

Il giorno seguente Giovanni è là fermo in compagnia dei suoi discepoli, e guarda; guarda a camminare il Figlio di Dio — il suo cuore vola a Lui, e dice: «Ecco l’Agnello di Dio!» Un maestro insigne qualsiasi desidera attorniarsi di discepoli che ascoltino i suoi insegnamenti. Tale maestro è inviato da Dio? la sua soddisfazione sarà raddoppiata pensando che comunica loro un insegnamento divino. Ebbene, Giovanni spinge i suoi discepoli verso Gesù e rimane solo — non solo nel deserto, al che era già abituato; ma solo fra coloro che divenivano la famiglia di Dio!

Nel capitolo 3:26, i suoi discepoli non mostrano d’avere la stessa abnegazione: vengono a lui e gli dicono : «Rabbi, colui che era con te di là dal Giordano, e al quale rendesti testimonianza, eccolo che battezza, e tutti vanno da lui.» Essi fanno di Giovanni l’uomo importante, e di Cristo il personaggio secondario. Ecco, dicono a Giovanni, come ti tratta! — Ma egli ricorda ai suoi discepoli la sua testimonianza in quanto al Cristo, poi aggiunge: «Colui che ha la sposa è lo sposo» (versetto 29). La sposa non è Giovanni Battista, egli lo sa, ma il grande profeta si contenta d’un posto secondario, poiché possiede Cristo — egli è «l’amico dello sposo». Egli assiste ad espansioni che non si dirigono a lui, ma che lo interessano; sente la voce dello sposo e la sua gioia è compiuta. Altri avranno la loro gioia in relazioni più intime, ma quella di Giovanni Battista è perfetta in una relazione inferiore; il Signore gliel’ha data, e quantunque non sia la più elevata, poiché viene da Lui, basta per quest’uomo di Dio; la sua gioia è compiuta in Colui che è lo Sposo di un’altra. Che commovente umiltà nel più grande di coloro che sono nati di donna! Non è forse vero che la gioia di Giovanni Battista, il quale si teneva all’infuori, era molto più grande che non è abitualmente la nostra? E noi cristiani, che abbiamo il privilegio di chiamarci la sposa di Cristo, non ci umilia egli questo pensiero? Giovanni apprezzava la nostra relazione, conservava la sua, e non ne desiderava altra. Non c’era in lui maggior gelosia di quanto ce ne fosse negli angeli, quando alla nascita di Cristo, celebravano la pace negli uomini ed esaltavano un opera che non era per loro, ma che s’indirizzava a poveri peccatori perduti. Giovanni «era presente», con gli occhi fissi sul volto dello Sposo e con l’orecchio teso per ascoltarlo; la sua felicità consisteva nel dimenticar sé stesso, come Maria ai piedi del Salvatore, e lasciava che il suo cuore si riempisse, come un vaso, del torrente delle perfezioni d’uno Sposo che non era il suo. «Bisogna che egli cresca» aggiunge, «e che io diminuisca». Cristo è cresciuto, e Giovanni è diminuito fino ad annientarsi. Questo gran testimonio, dopo aver reso testimonianza, ha riunito i suoi discepoli attorno a Gesù, ed ha veduto la sua testimonianza interamente surrogata da quella dì Cristo. La sua gloria è d’aver fatto risaltare la gloria di Colui che solo meritava d’essere glorificato. Che ne sia così anche di noi! Noi non siamo chiamati a rivestire la grandezza profetica e personale di Giovanni Battista; ma che ci sia dato, nella dimenticanza di noi stessi, di rivestire qualcosa della sua grandezza morale, considerando Cristo come il tutto per le anime nostre!

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