BIVIO

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Ottaviomiano
00venerdì 23 marzo 2007 17:25
Quel giorno non avevo molto da fare, così posai le carpette nei raccoglitori e mi sedetti al computer. Pagina dopo pagina girovagai nel mondo di internet, senza cercare nulla di particolare. Un link automatico mi invitò ad aprire una pagina, uno di quei siti dove i ragazzi si iscrivono per conoscere ed interagire con altri ragazzi. Incuriosito mi misi a guardare gli iscritti della mia città, vedere chi, di coloro che conoscevo, fosse iscritto in questo sito. Fra i tanti volti già visti, anche se per una volta sola, posai il mio sguardo su una foto. Conoscevo molto bene quel soggetto, era Aura.
Da adolescente o per meglio dire da ragazzino, mi ero innamorato di lei. Ricordo che quell’estate, all’età di 17 anni, ebbi qualche discussione con mio padre, così decisi di andare a lavorare dal fratello di mia madre, mio zio, in quel piccolo paesino adiacente alla città dove vivevo. Fu lì che iniziai ad incontrarla. Essendo compagna di mia cugina, veniva sempre a trovarla. Ne ero affascinato dalla sua bellezza, i suoi grandi occhi marroni mi rapivano. Ricordo che dinanzi a lei non riuscivo a far altro che guardarla e sorridere, di spiccicare una parola non se ne parlava proprio. A volte mentre lavoravo facevo le prove di cosa potevo o non potevo dirgli, di come fare per provare a rompere il ghiaccio. Ma appena la vedevo, nulla. Alla fine mi auto-convinsi, probabilmente per la poca considerazione che avevo di me, che lei era troppo bella per degnarmi e quindi abbandonai il sogno senza nemmeno cercare di afferrarlo.
Quella fu l’unica estate che lavorai lì, e fu anche l’ultima estate passata il quel paesino che, pur distando pochissimo da casa mia, non frequentai più.
Nuovi amici, nuovi interessi, nuove emozioni adolescenziali. Ogni qualvolta che mi era sovente incontrarla, anche se per un solo istante, il sorriso mi veniva spontaneo ed in me era come un sussulto. Poi, inevitabilmente, la vita prende le proprie strade, il tempo segna il suo percorso e noi proseguiamo facendo delle scelte, percorrendo strade piuttosto che altre, incuranti ed allo scuro di ciò che sarà.
Come tutte le compagnie di adolescenti, anche la nostra era in continuo mutamento, perdeva unità e ne acquisiva delle nuove; è la legge che regola gli affetti, lo stare bene con delle persone invece che con delle altre e di conseguenza amici che crediamo i migliori, li vediamo dall’oggi al domani, diventare nemici, persone che in qualche modo danno fastidio al normale svolgimento della nostra vita, così ci si allontana da altri e ci si avvicina ad altri ancora. Fra le tante ragazze che si susseguirono nel gruppo legai con diverse, alcune in modo del tutto amichevole, altre anche sentimentalmente. L’ultima con cui lo feci fu Natalia. La prima volta che la vidi rimasi colpito, i suoi capelli erano di uno splendido biondo oro, i suoi occhi verdi. Dopo diversi anni credo più o meno 5, risentivo il cuore battere all’impazzata. Convinto di aver superato la timidezza d’amore, quella che non mi faceva aprir bocca dinanzi a colei che mi piaceva davvero tanto, mi avvicinai, ma mi accorsi ben presto di essere ancora “malato”. Per tre interminabili anni la frequentai, riuscendo più volte a trovare il coraggio e dirgli cosa provavo, alla fine riuscì ad “intrappolarla” nella mia rete e per altri cinque condivisi con lei gioie e dolori, iniziammo a crescere e a diventare adulti. Convinto di ciò che volevo le chiesi di sposarmi e vidi il suo volto illuminarsi nel rispondere con un radioso sorriso il SI della sua vita.

Però, nell’istante in cui rividi Aura in quella foto, la mente fu rapita dai ricordi, teneramente rividi le immagini susseguirsi come in sequenze definite, messe in ordine da qualche mano sapiente. Fu una sensazione particolare rivedere la mia adolescenza, i miei occhi rapiti da quella ragazza. E come un tempo sembrò rapirmi ancora, così decisi di scrivergli qualcosa anche se ero sicuro che non si ricordasse di me. Chiusi il computer e me ne andai a casa. Il giorno seguente trovai un suo messaggio “chi sei” da lì iniziai a giocare un po’, a parlare senza farmi conoscere, a fargli solo piccoli complimenti ed accennargli qualcosa sulla sua famiglia, che conoscevo bene. Parola dopo parola rilevai il mio nome “sono Nikolas”
“Nikolas chi?”
“Ciao Nikolas da quanto tempo che non ci si vede” si era ricordata subito.
Il tempo era passato davvero, forse erano da più di dieci anni che non ci si scambiava nemmeno una parola, di tanto in tanto solo un fortuito saluto ma nulla più. Io adesso ero cambiato, non ero più quel ragazzo timido di una volta, ma una persona riflessiva, a volte anche assurdamente riflessiva, ma come una volta non avevo perso il mio solito umorismo. Parola dopo parola ci scambiammo i numeri di telefono, iniziammo a sentirci sempre con più insistenza ed a incontrarci in internet e scambiare quattro chiacchiere.
“sono contenta di averti ritrovato”
“Lo sono anche io, e pensare che da piccolo mi piacevi tantissimo”
“Sai che anche a me piacevi? Ho sempre aspettato che tu me lo dicessi”
Ma io non ne ero stato mai capace, perché convinto com’ero che lei non sarebbe mai voluta stare con me, non ci avevo nemmeno provato.
“Voglio vederti, incontrarti, parlare dal vivo” mi disse
La curiosità di parlargli dal vivo e rivedere i suoi occhi mi tradì “Ok questa sera appena accompagno la mia ragazza ci vediamo”
E così fu, ci incontrammo, posai la macchina e salì sulla sua mini-cooper cabrio. Fu stranissimo rivederla, i suoi occhi erano rimasti della stessa bellezza di un tempo, non era cambiata molto anzi adesso sembrava persino più bella.
Fermammo la macchina ed iniziammo a parlare di tutto, a raccontare le storie più assurde, le più impensabili.
“Posso darti un morso in quella tua faccia” fu la pazzia che scappò dalla mia bocca, ma era ciò che volevo e non riuscivo a tenerla dentro, volevo sentire la sua pelle sotto le mie labbra
“Solo se non mi fai male”
“Non ci riuscirei”
“Allora ok”
Così mi avvicinai, una volta sfiorata, il suo profumo entrò con prepotenza nelle mie narici e non riuscii a staccarmi dal suo volto anzi volsi tutte le mie attenzioni alle sue labbra.
“Era da dieci anni che desideravo baciarti” mi disse lei
Per me la sensazione fu meravigliosa, le sue labbra carnose, la sua lingua che entrava nella mia bocca e le mani che esploravano il suo corpo, come un bambino dinanzi ad un giocattolo visto per la prima volta.
Avevo paura della morsa dei sensi di colpa, ma di questi neanche l’ombra. Mi ero trovato altre volte in situazioni simili ma non ero mai riuscito a lasciarmi andare, così da fare brusche virate e tornare in me ma quella volta no, lo desideravo pur essendo consapevole del male che facevo alla ragazza che amavo. Probabilmente, per darmi una giustificazione, avevo bisogno di sfogarmi, ritagliarmi quello scampolo di vita in un periodo alquanto particolare.
Ci sentimmo il giorno dopo e poi l’altro ancora, maturando il desiderio di rincontrarci nuovamente. E così fu. E lo fu ancora per un’altra volta. Ad accomunare le due volte fu la passione con la quale i nostri corpi si unirono, la voglia che in noi ci portava in dimensioni diverse o per lo meno così lo era per me. Mi viene ancora da sorridere nel pensare come non riuscivamo a sbrinare la condensa che si formava sui vetri, era necessario asciugarlo con un panno.
Poi inevitabilmente i sentimenti prendono forma, dapprima l’amicizia si trasforma in passione per poi superare anche quello stadio. Vivendo due realtà differenti, fu inevitabile lo scontro e la successiva rottura. Mi ritrovai dinanzi ad un bivio. E come ogni essere vivente dovetti trovare risposte a domande fino ad adesso mai pensate. Così, come mi è solito fare quando devo pensare, salii sulla “mia” piazza, un piccolo belvedere nel paesino di San Pier Niceto. Da lì un panorama mozzafiato appare ai miei occhi. Di mattina si può osservare la natura con la fine nebbia, le vallate che si aprono andando ad incontrare paesi, città per poi scivolare nello specchio d’acqua; la notte è bello osservare le luci delle case che come stelle brillano nell’oscurità con l’aria fresca che guizza sulla pelle, ma su tutto quello che mi affascina di quel luogo è il silenzio. Lì riesco ad isolarmi da tutto, lì avviene l’incontro con madre terra e ritrovo me stesso.
Figurativamente è come se mi fossi seduto dinanzi a quel bivio per decidere quale delle due strade prendere: continuare la via o mettere in discussione cinque anni della mia vita?
Ho iniziato a rivivere le sensazioni provate, a rileggere nei pensieri ogni sms mandato o a risentire ogni telefonata fatta. Capii che quel rapporto per me era importante, ma non importante come lei poteva volerlo. Capii che era un profondo sentimento di amicizia, un’amicizia strana perché superava di poco anche quella soglia, ma non era amore.
Il silenzio come al solito mi aiutò, il cuore iniziava a parlare, a dirmi ciò che voleva, lì fu il momento che la ragione scomparve i dubbi si dissolsero, adesso bisognava solo accettare quella che era la scelta sua dinanzi alla mia. E fu come nei telefilm quando arriva il momento più bello vedi i titoli di coda.
Mi accorsi che il dolore per quella perdita non accennava a diminuire, volevo bene ad Aura, non volevo perdere la sua amicizia. Cercai in tutti i modi di farmi capire, ma fu invano. Provai a spiegare che con lei non era stato solo sesso, ma che c’era un sentimento forte pur non essendo amore. In fondo l’amicizia è molto simile all’amore ed è facile anche confonderli se questi sono veri, la si può trovare una sola volta nella vita e quella volta sarà per sempre. Così decisi di non dimenticare, di non rimuovere nulla anche se poteva fra male ricordare, così la lasciai in quel pezzo di cuore che si ritagliò, infondo ogni addio, come nel caso della morte, non è un addio se quella persona la portiamo con noi.
“Sai Nikolas, capisco le tue scelte e per me vanno bene” mi disse dopo due giorni fu lì che accarezzai il sogno dell’amicizia per sempre. Quello stesso giorno comprai una bottiglia di buon champagne, volevo festeggiare quel momento e la invitai a venire con me, a condividere quel luogo tanto caro ma quella bottiglia rimase intatta, lei non venne mai. Il dire ovviamente non era lo stesso del pensare.
Inconsciamente la conservai nella speranza di poterla rivedere, il desiderio di accarezzare la sua pelle ancora per una volta, risentire il suo profumo non accennava a passare ed ancora oggi, sposato e con una vita felice, ci penso.
E pur sapendo di essere egoista nel dire certe cose, consapevole di conficcare lame di pugnali nella carne della persona che amo ed in quella a cui voglio bene, desidero stringerla ancora a me.
Alla fine non rimane altro che proseguire il mio cammino e di tanto in tanto volto lo sguardo indietro sperando che fra le ombre ci sia lei nascosta che mi osserva, che porti con sei il mio ricordo e ritorni. Ma so che in fondo è solo un pretesto per alleviare la mia sofferenza.


Questo brano è un semplice estratto di vita, ogni riferimento a pensieri parole o persone è puramente causale e puro frutto della mia fantasia.

oroboros
00mercoledì 16 aprile 2008 13:41
Fantasia e immaginazione
La nota finale è superflua, tutti sanno che quando si scrive di tradimenti, spolverando zucchero a velo per rendere candido l'insieme delle intenzioni, si fantastica... o no?...
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