Che cervello di gallina! Un viaggio nella mente degli animali

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vanni-merlin
00venerdì 24 agosto 2007 20:41
Che cervello di gallina! Un viaggio nella mente degli animali


ROSALBA MICELI

Il temporale estivo ha trasformato il giardino in un pantano invivibile. Due gallinelle nere giacciono malconcie sui gradini alti davanti alla casa. Il resto del pollaio è disperso o distrutto. Fanno tenerezza, sempre in coppia, anche nella disgrazia. Le altre galline le avevano rifiutate da tempo, per motivi che resteranno sempre oscuri. Adesso occorre rianimarle. Lentamente riprendono vita, aprono prima un occhio, poi l’altro. Dentro casa! Chi l’avrebbe mai detto! E nella confusione creata dall’alluvione anche libere di scorazzare da una stanza all’altra, di mettere il becco ovunque. Basta poco per imparare a memoria la disposizione interna della casa, le si ritrova appollaiate sulla vasca da bagno, accorrono premurose allo squillo del telefono, ma di uscire all’aperto, ora che l’emergenza è cessata, neppure a parlarne. E così, un triste giorno, un uomo entra in casa e le porta via, verso un altro destino.

Perché la gallina è così bistrattata che l’espressione “cervello di gallina” è diventata nel linguaggio comune sinonimo di ignoranza, stoltezza, in una parola, e a voler essere gentili, scarsa inclinazione per la vita mentale? Giorgio Vallortigara, psicologo comparato e neuroscienziato presso il Centro Brain dell’Università di Trieste, autore di “ Cervello di gallina” (Bollati Boringhieri), un delizioso manualetto di introduzione alla scienza cognitiva, si chiede con una punta di ironia se la cattiva fama di cui godono le galline sia frutto di maldicenza, di cattiva informazione o di inappropriata frequentazione con questi animali (dal macellaio o al supermercato, per intenderci). Forse, se si intrattenessero con le galline relazioni più armoniose e soddisfacenti, come con un qualsivoglia animale domestico o d’affezione, si scoprirebbero delle cose interessanti. E non solo sul comportamento delle galline. In realtà - a parte il fatto che Vallortigara si dedica personalmente e da diversi anni allo studio del pulcino di pollo domestico - la gallina è solo un pretesto. L’obiettivo dichiarato del libro non è tanto quello di indurre il lettore a rivedere i pregiudizi sul cervello di gallina, quanto di condurlo a formulare giudizi sulla mente umana.

Il vero problema che assilla una parte degli scienziati che attualmente si trovano alle prese con l’analisi dei rapporti tra mente e cervello ruota attorno alla domanda: possiamo arrivare a comprendere i principi generali del funzionamento delle menti (di tutte le menti, compresa quella umana) - ammesso che esistano - attraverso lo studio di organismi anche molto diversi dall’uomo? Sanguisughe, lumache, moscerini, piccioni, cornacchie, per non parlare di ratti, cani, gatti, scimmie e altro ancora, hanno qualcosa da raccontarci su come funziona la mente umana?

Il famoso biologo inglese Steven Rose segue l’ipotesi secondo cui per ogni problema biologico Dio avrebbe creato un organismo ideale (un modello) su cui studiarlo. Ma Vallortigara fa notare che “nelle neuroscienze e nelle scienze cognitive evidentemente ci sono troppi problemi, perché gli animali favoriti da Dio proliferano”. Senza contare gli organismi geneticamente modificati e i sistemi di intelligenza artificiale. Mettendo dunque prosaicamente da parte l’idea dell’animale preferito da Dio, ogni ricercatore si arrangia come può, secondo le proprie inclinazioni e le risorse di cui dispone il laboratorio.

Chi voglia seguire il percorso tracciato dall’autore tra etologia e neuroscienze, si renderà subito conto del modo originale con cui vengono affrontati gli argomenti tradizionali di un manuale di psicologia cognitiva, quali la percezione, la rappresentazione, la memoria, il ragionamento, il linguaggio, la coscienza. Ad esempio, per studiare il riconoscimento di oggetti parzialmente occlusi nei neonati e negli animali bisogna escogitare dei modi indiretti e ingegnosi perché non è possibile chiedere loro cosa vedono. E dagli esperimenti condotti proprio nel laboratorio di Vallortigara sembra che i pulcini di alcuni giorni di vita siano più abili di un neonato umano nel riconoscere un oggetto familiare anche se nascosto parzialmente.

Viaggiando da esploratori attraverso le “altre menti”e tenendo conto che le differenze sono importanti quasi quanto le somiglianze, forse scopriremo che l’espressione “ha un cervello di gallina!” può suonare perfino come un complimento…




+ Centro Brain per le neuroscienze di Trieste


da: www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica.asp?ID_blog=48&ID_articolo=82&ID_sezione=71&sezione=Galas...


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