Franco Battiato presenta "Fleur 2": terzo album della serie dedicata al passato

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martee1964
00domenica 26 ottobre 2008 17:35
PARIGI (25 ottobre) - Tanto per non smentire la sua fama di irregolare della musica, Franco Battiato illustra il suo nuovo album facendolo precedere da una dichiarazione quantomeno non ortodossa: «Io ascolto solo musica classica». Affermazione singolare per un’artista che ha alle spalle 44 anni di milizia nel campo della canzone, ma che calza a pennello su un personaggio che ama disorientare, spaziare, viaggiare fra generi, arti e mestieri. Così eccolo alle prese con un disco al solito colto, pieno di profumi e colori, che ha intitolato Fleur 2, eppure è il terzo di una serie dedicata al recupero di canzoni del passato («quando la musica leggera era primitiva, ingenua, esplosiva e aveva la gioia che abbiamo perso»). «Tutto nasce dal fatto che volevo evitare un clima da sequel: il 3 era completamente diverso dall’1, non solo per i brani, ma anche musicalmente. E questo è una sorta di trait d’union fra i due precedenti: il 2 gli sta a pennello». E, se il primo Fleur (del ’99) era il più bello e rigoroso e ha dato il via nella pop music nazionale a un vero e proprio revival del repertorio storico, questo è forse il più personale.

Una raccolta di 12 titoli e solo uno scarto («Pugni chiusi, perché l’arrangiamento non era all’altezza del resto»). Ci sono i classici degli anni ’60 come la splendida Era d’estate di Sergio Endrigo e come E più ti amo di Alain Barriere (la prima canzone registrata da Battiato: «Era il ’64, venni scelto dopo un provino lampo per inciderla su un disco di plastica tipo usa e getta venduto con la “Settimana enigmistica”»). Ci sono successi internazionali come Et maintenant di Bécaud, Sitting on the dock of the bay di Otis Redding e Bridge over troubled water di Simon & Garfunkel. Ma questi pezzi convivono con l’attenzione rivolta al mondo musicale che ha ruotato attorno a Battiato, da L’addio scritto per Giuni Russo a Il Carmelo di Hecht di Juri Camisasca, a La musica muore dello stesso Camisasca.

L’uscita (14 novembre) sarà seguita da tour in 39 date che parte il 31 gennaio da Carpi (dal 3 al 5 marzo all’Auditorium di Roma). Ieri sera, però, Franco era già in pista col suo corredo di uomini a Parigi, nel cuore di Pigalle, al teatro La Cigale, con uno show antologico (coi classici da La cura a Shock in my town) chiuso da Povera patria, brano scritto ai tempi di Tangentopoli a cui il cantautore affida il suo scetticismo sulla situazione italiana. Un’ora e mezza di spettacolo accolto con entusiasmo con l’inserimento di piccoli scampoli del nuovo lavoro: dall’inedito Tutto l’universo obbedisce all’amore (nell’album con Carmen Consoli), a Et maintenant e Sitting on the dock of the bay in duetto con Anne Ducros, talento jazzistico francese: «Una sera sono andato a sentirla, fece la canzone di Otis Redding accompagnata solo da un contrabbasso. Dopo lo show, mi è venuta incontro cantando Shock in my town».

Nel disco oltre alla Ducros, alla Consoli e Camisasca ci sono altri duetti: due con la persiana Sepideh Raisadat (It’s five O’ clock degli Aphrodite’s child e Il venait d’avoir 18 ans di Dalidà) e uno con Antony in Del suo veloce volo, traduzione di Frankenstein adattata, spiega Franco, a una storia che gli è capitata davvero: «Leggendo la mano di un amico avevo visto la data della sua prossima morte. Mi auguravo fosse una sciocchezza. E, invece, purtroppo è andata proprio così». Quanto ad Antony, il rapporto si è fatto stretto: «Mi piacerebbe averlo nella parte di Haendel nel mio prossimo film, il compositore inglese era anche un cantante eccezionale. Tanto che il celebre Farinelli una volta che doveva esibire dopo di lui si tirò indietro dicendo “non posso”». Il cinema, comunque, è ancora all’orizzonte: «La storia c’è, mancano i soldi. Comunque ci lavoro, Haendel e Scarlatti sono il pretesto per raccontare un viaggio che va dal 1704 al 1737, epoca straodinaria in cui l’Italia dominava culturalmente l’Europa».
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