L'uomo che parlava agli orsi
Fabiano amava gli animali, Jurka lo capì
di MAURO NERI - Fabiano, l'ho vista! - gracida una voce amica al cellulare. - Quando? - Questa mattina all'alba, per la terza volta consecutiva... - Sempre nello stesso punto? - Pressappoco: l'altro ieri vicino allo stallone, ieri accanto al recinto delle capre e questa mattina ha bevuto alla fontana delle vacche... - Vuol dire che aveva sete! Già, ma se poi si mette in testa di entrare per bere un po' di latte? E se annusa il miele che mette via la mia Annalisa? - Giorgio, stasera vengo su alla malga, e vedremo... - Mi pareva un po' nervosa, sbuffava e mi ha rosicchiato anche il tubo dell'acqua della fontana... - Forse ha mal di denti, può capitare... Stasera ne parliamo e domani mattina mi apposto. Ciao, a dopo. Piccolo e magro, con i capelli ricci, biondi e lunghi, raccolti però in una coda di cavallo («Coda di avellinese!», ci tiene a sottolineare lui), Fabiano è un uomo delle foreste: un operaio degli alberi, un impiegato dei pascoli. «Ho anch'io, la mia scrivania», ama dire ai villeggianti o ai cercatori di funghi che lo incontrano su un qualche sentiero e gli chiedono di che cosa si occupi. «È una scrivania di legno come quella del vostro ufficio, ma è legno vivo, il mio: legno ancora con la corteccia, legno percorso dalla linfa e casa per tanti animaletti...». Fabiano ama gli animali, tutti gli animali. Conosce alla perfezione la vita complessa e perfetta delle formiche; sa dirvi che frutta o quali germogli stia cercando quello scoiattolo che s'arrampica su per il tronco di un albero come un agile, minuscolo e leggero free-climber; conosce tutte le leggende del bosco, quelle dei Salvanèi e quelle degli stregoni Bregostani, le storie fosche dei Cacciatori selvaggi e quelle buffe degli Orchi che non son capaci di essere cattivi... Ha cinquant'anni, Fabiano, trentacinque dei quali trascorsi a vivere da solo nei boschi della sua valle: non gli serve l'orologio al polso, perché sono le ombre degli alberi sulle fratte a indicargli l'ora del pranzo e l'ora del rientro a casa; non gli serve portarsi dietro l'acqua nella borraccia, perché lui sa dove sono le sorgenti più fresche e più comode da raggiungere; ha disegnato nel cervello l'intrico di tutti i sentieri, i trabocchetti della terra franata all'ultimo temporale, le ombre fresche del bosco in cui, d'estate, crescono brise grosse, profumate e sode. Fabiano sa di avere un dono. Non chiedetegli il perché sia capitato proprio a lui e non vi dirà nemmeno come ha fatto ad accorgersene, da ragazzo: ha quasi vergogna, per quel dono, lo tiene nascosto e lo ha confidato solo agli amici più cari. Come Giorgio e Annalisa, una coppia bene affiatata, marito e moglie che tengono da anni ormai la malga su, ai pascoli alti, quelli più duri da raggiungere, ma quelli anche più tranquilli, per le bestie e per gli uomini. Da un anno l'amministrazione forestale gli ha imposto di girare per i boschi sempre con il cellulare acceso e a portata di orecchio: «misura di sicurezza», gli avevano detto, «perché così ti possiamo contattare in ogni momento e per qualsiasi motivo». «Se hanno inventato i Gsm, almeno usiamoli per lavorare meglio!», aveva commentato il suo capo, Lorenzo, un brav'uomo che aveva intuito fin dall'inizio che quel Fabiano aveva qualcosa in più, rispetto agli altri. E anche lui sapeva di quel «dono»... - Lorenzo... Sono Fabiano, ciao... - Orpo, il Fabiano che usa il Gsm! - se la ride alla grande il «capo», con un vocione che obbliga Fabiano ad allontanare quell'arnese dall'orecchio. - Vuoi proprio far venire da piovere prima della bella stagione, eh? - Ascolta, stasera salgo su dal Giorgio e dall'Annalisa... - Problemi alla malga? C'è ancora quell'aquila che attacca le galline? - No, niente aquile, questa volta. S'è fatto vedere di nuovo l'orso, per la terza volta in tre giorni... - Santo cielo... È la Jurka? - Giorgio m'ha detto che è una femmina. Forse è la Jurka, vedremo... - Senti, Fabiano - continuò Lorenzo, - so che farai di testa tua, ma io devo dirtelo lo stesso: tu sei solo un custode forestale e con gli animali devi avere molta, molta prudenza. Quando hanno fatto questa legge, gli intelligentoni giù in città ancora non potevano sapere che in giro per i boschi c'era uno come te, e allora hanno deciso che i custodi forestali custodiscono le foreste, e i guardiacaccia guardano gli animali. Siamo d'accordo? - Le so anch'io, certe cose... - Certo, lo so che le sai, ma comunque io te lo dico e te lo ripeto: stai attento a non fare sciocchezze, su in malga. Se c'è quella Jurka, se è lei e se infastidisce i malgari, prendi il Gsm, chiamami immediatamente e io avviso quelli del Progetto. Quelli dell'orso, insomma... - D'accordo, farò così - mormora Fabiano poco convinto, - ma vedrai che non ce ne sarà bisogno... - E allora ti dico di stare attento, di essere prudente... Non farti prendere dall'entusiasmo, va bene? Con te è come parlare al vento, lo sappiamo, ma ricordati che sei un custode forestale, un bravissimo custode, ma solo quello... Dopo un inverno insolitamente caldo, è fresca, l'alba di metà maggio, su ai prati della malga, fresca e dolce di umidità: è il profumo dell'erba bagnata, del muschio e dei licheni intrisi di rugiada. È il profumo del bosco che Fabiano ama di più. È il profumo dei primi funghi, è l'afrore magico dei tronchi morti in decomposizione e quello ancora più intenso della resina che cola dai tronchi in arabeschi candidi o trasparenti. Fabiano s'è alzato poco prima dell'alba: ha bevuto una tazza di caffè bollente intiepidito da un goccio di vino rosso, ha salutato Annalisa e Giorgio, invitandoli a restar in casa, quella mattina... - Il latte lo mungerete poi, quando sarà tutto finito. Restate qui e non fate rumore, mi raccomando. Tu, Giorgio, tieni un forcone, anzi no, due coperchi di pentola a portata di mano: se Jurka fa la matta e mi prende per un barattolo di miele, corri fuori urlando e sbattendo i coperchi e falla scappar via! Ma non farle del male, per nessun motivo, va bene? È bastato un cenno degli occhi, per capirsi. Giorgio sa di che pasta è fatto, l'amico Fabiano: lo si può contraddire su tutto, magari prenderlo in giro perché è senza donna, perché non s'è mai sposato e, giù in paese, alcuni dicono che non è mai stato nemmeno fidanzato, e lui non si arrabbia mai, risponde a tutti con un sorriso timido come se dicesse... «Eh, lo so ben io, perché son solo!». Ma se gli toccate anche per scherzo i suoi animali, allora diventa una furia, anzi, un furetto irascibile e pronto ad azzannarvi gli stinchi! La prima luce dell'alba dirada l'oscura nebbia della notte e un soffio leggero e gelato fa rabbrividire Fabiano, accoccolato dietro a un cespuglio. Da lì può tener sott'occhio il complesso della malga: la stalla lunga delle vacche, quasi tutta vuota però, perché al giorno d'oggi il bestiame è ormai abituato a dormire all'aperto e a radunarsi al mattino al primo sole e alla sera al tramonto per la mungitura; la casèra più piccola, sulla destra, in cui l'Annalisa e il Giorgio preparano il formaggio, che poi un giorno alla settimana vengono a prendere quelli del caseificio; l'abitazione dei malgari, sassi squadrati alla base e legno scuro, quasi nero in alto, dove un tempo si teneva il fieno. Giorgio vorrebbe trasformare il vecchio fienile in stanze per gli ospiti, fare della malga un piccolo rifugio, ma Annalisa tira indietro: «Sei gelosa della tua pace», la prende in giro il marito, «ma qualche euro in più, non guasterebbe mica, sai?».
Fabiano sta dalla parte di Annalisa: per carità, ben vengano, i turisti, se sono educati, se conoscono le regole, se passano senza sporcare... Ma lui sa quanti sacchetti di plastica, quanti fazzoletti di carta, quanti tetrapak, quanti mozziconi di sigarette ha dovuto raccogliere, nei giri di quegli ultimi anni... Eccola! È stata un'ombra ad attirare l'attenzione di Fabiano, che non si muove, gira solo gli occhi in direzione della stalla grande. Eccola ancora! Da dietro alla costruzione stretta e lunga adagiata sul pascolo, caracollando giù per il sentiero che scende dal bosco alto, l'orsa entra nello spiazzo davanti alla malga e si ferma. Rimane immobile per un lungo minuto, girando solo la grossa testa di qua e di là e puntando l'aria con il naso per catturare tutti gli odori e per capire se ce n'è qualcuno di nuovo. Fabiano è contro vento: non ha problemi di essere individuato. Jurka... perché sì, è proprio lei, è la star degli orsi, la mamma degli orsacchiotti birichini, birichina lei stessa ma per fame e per necessità, lo spauracchio dei pastori e dei malgari... Jurka fa un passo e si dirige sicura verso il recinto delle capre. Si alza sui posteriori - che devono essere potenti, forti e duri come colonne di marmo peloso! - e s'appoggia con le zampe anteriori alla staccionata, piegandola col peso, ma senza spezzarla. Solo a quel punto il belare timido delle caprette, riunite all'interno e al coperto, rompe quel silenzio innaturale e Jurka sbuffa preoccupata e curiosa. Prova con le zampe la tenuta del recinto e uno scricchiolìo, quasi un gemito premonitore, fa scoppiare un pandemonio di strilli e di belati assurdi. Le capre hanno capito il pericolo e sanno che non c'è via di scampo. Una o due di loro faranno una brutta fine, quel giorno... Perché Jurka ha fame: l'inverno non è stato freddo e lei ha dormito poco, per questo forse è così nervosa. Ma in questo inizio di estate la temperatura ahimé è calata all'improvviso, in quota è caduta persino la neve e le gemme stanno tardando a maturare, i germogli si sono bloccati... e l'orsa ha fame! E allora accade quel che nessuno si aspetterebbe. Fabiano si alza in piedi... E Jurka gira di scatto la testa con un leggero ringhio! ... esce camminando piano ma decisa dal cespuglio... Jurka si stacca dal recinto, balza all'indietro, torna su quattro zampe e trotterella curiosa e coraggiosa in direzione di quel nuovo venuto! ...Fabiano si ferma solo quando è all'altezza della fontana delle vacche, con il gorgoglio dell'acqua che esce dal tubo mangiucchiato della fontanella a fargli compagnia e a dargli sostegno... Jurka si ferma solo quando arriva anche lei accanto al vascone pieno d'acqua scura: si ferma immobile, frustando l'aria col naso... e sente odore di bosco, odore di muschio, odore di legno marcio, odore di funghi, odore di germogli freschi, grossi e turgidi, odore di cibo! ...L'uomo mette le mani a coppa, va in cerca del fiotto d'acqua fredda e le riempie fin quasi all'orlo. Poi le porta alla bocca e beve una lunga sorsata, ascoltando l'acqua che scende in gola e scivola nello stomaco portandogli benessere e forza nuova... Jurka segue quei movimenti lenti e per nulla pericolosi con gli occhi grossi e scuri, occhi buoni, occhi d'animale che non ha paura. ...allora Fabiano prende dal fondo del cuore il suo dono particolare, quel dono che ha solo lui, che non hanno altri, che in molti, in troppi gli invidierebbero, se lo venissero a sapere, e lo fa sbocciare in quell'alba di metà maggio, un'alba al tempo stesso drammatica e dolce: rimette le mani sotto al rubinetto, le riempie di nuovo d'acqua e poi... poi le allunga all'orsa, invitandola con un cenno a berne un sorso... Jurka sbuffa ma non scappa, a quel gesto di amicizia: è fin dall'inizio di quell'incontro strano che il suo istinto le sta ordinando di fuggire, di tornare di corsa nel bosco alto, di lasciar perdere quel «due-zampe» che sa di legno, di erba e di formiche, e invece allunga il muso, annusa quelle mani, quell'acqua, e trova tutto così naturale, così tranquillo, che le sembra una cosa bella e buona sfiorare quel dono con la lingua! E a quel punto Jurka capisce. L'uomo le sta parlando in silenzio, e l'animale comprende: «È un posto pericoloso per voi orsi, questo, non è un luogo per te e per i tuoi figli, perché nel bosco i germogli sono finalmente generosi, dolci e freschi. È tempo di andare... Devi andare!». L'orsa grugnisce soddisfatta: l'acqua le è piaciuta e ne vorrebbe ancora, ma Fabiano le indica il bosco alto, e Jurka obbedisce, trotterellando allegra con le zampe posteriori che sgambettano civettuole. Arrivata all'altezza della grande stalla, non guarda nemmeno il recinto delle capre, ma si ferma e si volta: un grugnito potente è l'addio o, forse, l'arrivederci. Fabiano si siede, spossato e debole, sull'orlo del vascone: si bagna la fronte e beve un secondo sorso d'acqua. Ritorna in sé solo quando il Gsm si mette all'improvviso a trillare. Guarda il piccolo schermo e legge «Lorenzo»: è il capo, vorrà sapere com'è andata. (Il racconto è emozionalmente ispirato alla figura dell'amico Fabio Osti, vecchio «signore degli orsi»).
Da L'Adige del 04/08/07