di Stefan Arsenijevic
Il film si apre con un primo piano del volto di Anica, un volto splendido ed espressivo, un volto che dice tutto di una donna ancora giovane, ma segnata dal tempo; e non parliamo di rughe, quelle di addomesticano con i cosmetici, ma ci sono cose come il passato, l’amore, la sofferenza che non si possono nascondere, specie se affidate alla espressione di una grande attrice quale è Anica Dobrna; la avevo già apprezzata in Klopka (la trappola) di Srdan Golubovic, dove fa risaltare la dimensione umana e la dolorosa sofferenza di essere moglie di un impresario edile mafioso e nello stesso madre amorevole; ma Klopka è un film ben congegnato nell’intreccio e in senso buono è un film furbo, che va a toccare corde sensibili dello spettatore; il presente Amore & altri crimini, opera prima di Stefan Arsenijevic, anche lui giovane regista jugoslavo, non concede nulla in tal senso allo spettatore, realizzando così, forse preterintenzionalmente, un dittico i cui componenti hanno molti elementi di complementarità.
Si saprà solo alla fine che Anica è russa, ma lo si capisce fin dalle prime immagini, non ostante fuori dal set sia una belgradese purosangue. È la donna di un bandito, il film inizia come mafia movie, ma poi l’elemento mafioso tende a dissolversi, tanto è piccolo il cabotaggio dei malviventi, che piano piano si rivelano per quello che sono, dei vinti e più che imporre estorsioni sembrano chiedere elemosine. Tra loro ci sarebbe Stanislav, che è ancora molto giovane e seppure compromesso, potrebbe ancora giocarsi un’altra partita, ed infatti tutti lo consigliano in tal senso, ma è innamorato, fin da bambino si potrebbe dire, di Anica, ne subisce il fascino della dark lady e non riesce a togliersela dalla mente.
Il film è il racconto di un epilogo, l’ultimo giorno di una lunga storia durata 17 anni; succedono molte cose in quel giorno, il che farebbe pensare ad un film dal ritmo incalzante e concitato, invece è un film lento e riflessivo, in cui il tempo filmico finisce quasi col coincidere con quello del racconto; ma questo non disturba, è un elemento di contrasto, ce ne altri sono nel film, come i mafiosi e gli estorsori pieni di umanità e di malinconia, che soffrono le pene d’amore, la solitudine, l’impossibilità di rinascere, di ricominciare, di rifarsi una vita, prigionieri del passato e senza vie di uscita. Siamo nei balcani, nella terra della sevdah, che in italiano vuol dire malinconia per amore, (o anche in the mood for love) e i personaggi ne sono pervasi; il film è una sevdah per immagini, mentre giustamente il commento musicale è affidato ad altro tipo di brani, essendo la attuale sevdah musicale troppo zigana e folcloristica, e di folclore ce ne è ben poco nelle immagini di un ambiente anonimo e degradato, quale è la Belgrado ripresa in questo film.
Forse c’è un po’ troppa carne al fuoco, non tutto scorre sempre via liscio, ma è un film coraggioso ed originale, certo perfettibile, ma che comunque mi è molto piaciuto.