Olocausto e Genocidi

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Gufo Astrale
00giovedì 27 gennaio 2005 00:53
27 gennaio
Giorno della Memoria


Il termine olocausto, che nell'antica liturgia ebraica designa il sacrificio levitico, è stato adottato dagli storici per indicare il massacro di sei milioni di ebrei compiuto dal regime nazista durante la seconda guerra mondiale. Dopo la politica di boicottaggio e di discriminazione antisemita avviata in Germania fin dal 1933 (vedi leggi di Norimbrega 1935) e I'istituzione dei primi campi di concentramento (Oranienburg, Buchenwald e Dachau), i nazisti presero a pretesto I'assassinio di Ernst von Rath, un segretario dell'ambasciata tedesca a Parigi, per bruciare 267 sinagoghe e arrestare 20.000 persone nella tristemente famosa Kristallnacht ("notte dei cristalli" tra il 9 e il 10 novembre 1938. Gli ebrei tedeschi furono costretti a pagare una somma di 400.000.000 di dollari per risarcire i danni subiti dalle loro stesse proprietà. Iniziata la seconda guerra mondiale (settembre 1939), tre milioni di ebrei polacchi dovettero subire un Blitzpogrom di violenze e di stragi. Con il decreto sui ghetti di Reinhard Heydrich, aiutante di Heinrich Himmler, furono gradualmente separati dal resto della popolazione e, nei due anni successivi, morirono in 700.000 per stenti e fame; i nazisti progettarono anche di deportare tutti gli ebrei nella riserva di Nisko (regione di Lublino) o in Madagascar. Quando nel giugno 1941 la Germania attaccò I'URSS, contro gli ebrei russi furono impiegate quattro Einsatzgruppen ("squadre d'urto") speciali, che si macchiarono di orribili atrocità, culminate nell'eccidio del burrone di Babi Yar (Kiev), dove il 29-30 settembre 1941 furono mitragliati 33.771 ebrei. Su insistenza di Hitler, Heydrich presiedette (gennaio 1942) la conferenza di Wannsee sulla "definitiva soluzione della questione ebraica". Nei tre anni successivi gli ebrei reclusi ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento furono sterminati, fra I'altro, col gas cianidrico o col monossido di carbonio, con le iniezioni al fenolo, con i lanciafiamme e le bombe a mano. Nel corso della guerra, dal Nord Africa alla Bielorussia, non meno di 60.000 ebrei combatterono da partigiani contro i nazisti. Epiche le sollevazioni dei ghetti a Cracovia, Bialystok, Vilna, Kaunas, Minsk, Slutsk e soprattutto a Varsavia (aprile-maggio 1943). Reclusi ebrei distrussero Sobibor e Treblinka, così come guidarono la rivolta in altri 15 campi di concentramento. A guerra finita, erano stati uccisi due terzi degli ebrei europei, più di quanti erano stati eliminati durante i Pogrom nei diciotto secoli precedenti.

[Modificato da Gufo Astrale 27/01/2005 1.25]

Gufo Astrale
00giovedì 27 gennaio 2005 00:58
Il genocidio degli Armeni
Metz Yeghern:
il genocidio degli Armeni

QUANDO E DOVE:

nel quadro del primo conflitto mondiale (1914-1918) si compie, nell’area dell’ex impero ottomano, in Turchia, il genocidio del popolo armeno (1915 – 1923), il primo del XX secolo. Con esso il governo dei Giovani Turchi, che ha preso il potere nel 1908, attua l’eliminazione dell’etnia armena, presente nell’area anatolica fin dal 7° secolo a.C.

ENTITA’ DELLO STERMINIO:

nella memoria del popolo armeno, ma anche nella stima degli storici, perirono i due terzi degli armeni dell'Impero Ottomano, all’incirca 1.500.000 di persone. Molti furono i bambini islamizzati e le donne inviate negli harem. La deportazione e lo sterminio del 1915 sono stati preceduti dai pogrom del 1894-96 voluti dal Sultano Abdul Hamid II e da quelli del 1909 attuati dal governo dei Giovani Turchi.

AUTORI DEL PROGETTO E DELLA MESSA IN ATTO:

le responsabilità dell’ideazione e dell’attuazione del progetto genocidario vanno individuate all’interno del partito dei Giovani Turchi, “Ittihad ve Terraki” (Unione e Progresso). L’ala più intransigente del Comitato Centrale del Partito ha pianificato il genocidio, realizzato attraverso una struttura paramilitare, l’Organizzazione Speciale (O.S.), diretta da due medici, Nazim e Chakir. L’O.S. dipendeva dal Ministero della Guerra e attuò il genocidio con la supervisione del Ministero dell’Interno e la collaborazione del Ministero della Giustizia. I politici responsabili dell’esecuzione del genocidio furono: Talaat, Enver, Djemal. Mustafa Kemal, detto Ataturk, ha completato e avallato l’opera dei Giovani Turchi, sia con nuovi massacri, sia con la negazione delle responsabilità dei crimini commessi.

PIANIFICAZIONE:

il genocidio degli armeni può essere considerato il prototipo dei genocidi del XX secolo. La pianificazione avviene tra il dicembre del 1914 e il febbraio del 1915 con l’aiuto di consiglieri tedeschi, alleati della Turchia all’interno del primo conflitto mondiale. L’obiettivo era di risolvere alla radice la questione degli armeni, popolazione cristiana che guardava all’occidente.

MOVENTI IDEOLOGICI:

il movente fondamentale è da ricercarsi all’interno dell’ideologia panturchista, che ispira l’azione di governo dei Giovani Turchi, determinati a riformare lo Stato su una base nazionalista, e quindi sull’omogeneità etnica e religiosa. La popolazione armena, di religione cristiana, che aveva assorbito gli ideali dello stato di diritto di stampo occidentale, con le sue richieste di autonomia avrebbe potuto costituire un ostacolo ed opporsi al progetto governativo.
La motivazione principale del genocidio, dunque, perpetrato dal governo turco, fu di tipo politico. L’obiettivo degli ottomani era la cancellazione della comunità armena come soggetto storico, culturale e soprattutto politico. Non secondaria fu la rapina dei beni e delle terre degli armeni.
Il governo e la maggior parte degli storici turchi ancora oggi rifiutano di ammettere che nel 1915 è stato commesso un genocidio ai danni del popolo armeno.

MODALITA’ DI ESECUZIONE:

il 24 aprile del 1915 tutti i notabili armeni di Costantinopoli vennero arrestati, deportati e massacrati. A partire dal gennaio del 1915 i turchi intrapresero un’opera di sistematica deportazione della popolazione armena verso il deserto di Der-Es-Zor. Il decreto provvisorio di deportazione è del maggio 1915, seguito dal decreto di conquista dei beni, decreti mai ratificati dal parlamento. Dapprima i maschi adulti furono chiamati a prestare servizio militare e poi passati per le armi; poi ci fu la fase dei massacri e delle violenze indiscriminate sulla popolazione civile; infine i superstiti furono costretti ad una terribile marcia verso il deserto, nel corso della quale gli armeni furono depredati di tutti i loro averi e moltissimi persero la vita. Quelli che giunsero al deserto non ebbero alcuna possibilità di sopravvivere, molti furono gettati in caverne e bruciati vivi, altri annegati nel fiume Eufrate e nel Mar Nero.

http://gariwo.net/genocidi/m_compl.php

CINEPRIME

Il cantante-attore di origine armena è un cineasta che lotta per non far dimenticare il dramma del suo popolo e per riconciliarsi con la famiglia

Il genocidio armeno ha il volto di Aznavour

Il regista Atom Egoyan con «Ararat» porta in scena uno dei drammi dimenticati. «È un grido anche contro certo mondo attuale troppo spesso senza memoria»

Attivo nel cinema dal 1979 Atom Egoyan, regista (e scrittore, pittore, nonché musicista) canadese di origine armena che con film di spessore ma di scarsa diffusione (come Black Comedy, Il perito, Il dolce domani e Il viaggio di Felicia) ha meritatamente conquistato la stima dei giovani critici e l'onore delle tesi universitarie come quella, pregevole, di Fabiana De Bellis, considera in Ararat (Il monte dell'Arca) lo sterminio di un milione e mezzo di armeni avvenuto nel '900 per mano dei turchi. Nel vastissimo impero ottomano, incapace di intendere la nascita degli Stati nazionali e di darsi strutture politiche adeguate, le ostilità verso gli armeni risalivano alla fine dell'800. Allora la nazione armena era stata smembrata; una parte era andata alla Russia zarista e un'altra era stata affidata alla Turchia dove il sultano oltre al potere politico assumeva in sé, in quanto califfo, anche il religioso. Il genocidio vero e proprio, che si svolse sotto gli occhi indifferenti delle grandi potenze (a protestare non ci fu che il Papa come ben documenta nel fascicolo 3636 di Civiltà cattolica Giovanni Sale S.I.), si ebbe nel 1915-18 quando il movimento dei "giovani turchi", da poco al potere e guadagnati alla causa panturca, si erano schierati nella prima guerra mondiale a fianco degli imperi centrali combattendo i russi. Nonostante le dichiarazioni di lealtà dei leaders armeni, in gran parte neutrali, il massacro ebbe inizio; prima furono decapitati gli intellettuali concentrati a Costantinopoli, poi i soldati vennero privati della divisa e uccisi, gli uomini dei villaggi furono concentrati in luoghi segreti ed eliminati, infine donne, bambini e vecchi iniziarono la lunga marcia della morte verso l'arido deserto mesopotamico. L'Olocausto fu occultato e a lungo dimenticato dall'opinione pubblica mondiale. Nel considerare l'atroce materia Atom Egoyan non tende, naturalmente, al saggio storico o alla scansioni epiche come fece nel non dimenticato Il ribelle dell'Anatolia Elia Kazan quando raccontò dell'esodo di suo padre. Un documentario di Egoyan su Kazan e altri artisti si intitola Diaspora.
Diaspora è termine che aiuta a capire i propositi di Egoyan. Il regista si propone di recuperare - in una forma parecchio originale: il confronto fra cinema di finzione (la ricostruzione sul set di alcuni avvenimenti storici: la ribellione, gli scontri, la deportazione, il massacro) e cinema povero che riprende la nuda realtà delle rovine di una comunità distrutta - ciò che dell'Olocausto (a cui presero parte attiva i curdi, oggi dispersi in Turchia, Iran e Iraq) è rimasto nella memoria della propria gente e di controllare quanto in essa resiste della perduta identità nazionale. Chi rappresenta oggi l'Armenia si chiede Egoyan: forse gli armeni riparati all'estero, ormai invischiati nelle inquietudini e nelle passioni della nostra società, forse gli armeni dell'interno, forse gli armeni "nascosti" che, come mostra la bella sequenza della restituzione del crocifisso, sono stati costretti ad abiurare alla propria fede, a convertirsi all'islamismo, a negare la loro etnia? I protagonisti dell'Olocausto sono morti, i loro figli e nipoti conoscono solo frammenti di storie spesso dimenticate. Ma a volte un oggetto qualunque (una fotografia sbiadita, un bottone...) risveglia in noi sussulti del cuore. E le tremule immagini raccolte da un giovane filmmaker sotto la cima innevata dell'Ararat rappresentano di nuovo dei segni che ci consentono di esistere.

http://www.comunitaarmena.it/comunicati/ararat%20avvenire.html
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