Preghiera per gli ebrei

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proRatzinger
00domenica 17 febbraio 2008 17:17
Con vivo rammarico ho potuto constatare come il dialogo con gli ebrei sia sempre difficile: il papa Benedetto XVI, liberalizzando la messa tridentina con il Motu Proprio "Summorum Pontificum", datato 7 Luglio 2007, ha rimesso in vigore anche la preghiera del Venerdì Santo, contestata fin dal 1962, quando il Beato Giovanni XXIII eliminò la frase "pro perfidis Iudeis". Il papa, mosso dalle lettere dei rabbini e degli ebrei, ha apportato un ulteriore modifica alla preghiera del Venerdì Santo. Eccone il testo:
« Oremus et pro Iudaeis: ut Deus et Dominus noster illuminet corda eorum, ut agnoscant Iesum Christum salvatorem omnium hominum. Omnipotens sempiterne Deus, qui vis ut omnes homines salvi fiant et ad agnitionem veritatis veniant, concede propitius, ut plenitudine gentium in Ecclesiam Tuam intrante omnis Israel salvus fiat. Per Christum Dominum nostrum. Amen ».
Ed ecco una traduzione non ufficiale (il vecchio messale si usa solo in latino): « Preghiamo per gli Ebrei: il Signore Dio Nostro illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini. Dio Onnipotente ed eterno, Tu che vuoi che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, concedi propizio che, entrando la pienezza dei popoli nella tua Chiesa, tutto Israele sia salvo ».
Dopo queste modifiche, fatte per venire incontro ai carissimi ebrei, il rabbino di Roma, Riccardo Di Segni ha detto che papa Ratzinger avrebbe riportato indietro le lancette di 43 anni!!!! [SM=g27825] Allora, se a lui non va bene l'attuale preghiera, se fossi in papa Benedetto XVI, rimetterei quella dei tempi del Pastor Angelicus, Pio XII, quella dei "pro perfidis Iudeis", visto che tanto è uguale. Ma cosa vogliono gli ebrei? Che si tolga il riferimento a Cristo come salvezza, per farli stare buoni? CRISTO E' VIA, VERITA' E VITA, e se loro non l'accettano sono in ERRORE. Punto. E non è antisemitismo questo, come molti paventano, pieni di relativismo; è coerenza alla propria fede, è seguire i dettami di Santa Romana Chiesa. Allora, siccome dobbiamo sconfessare che Cristo sia la vera via, la verità e la vita, e quindi, come è automatico, che loro sono in ERRORE, dovremmo tutti convertirci alla loro fede. Ma noi, almeno, li andiamo incontro, loro cosa fanno per noi? Iniziassero ad eliminare gli attacchi contro i cattolici nel Talmud, ben più gravi dell'espressione "pro perfidis Iudeis". Ci vogliono far cadere nel relativismo: se noi dicessimo che Cristo non è più la via della salvezza, il cristianesimo non avrebbe più senso. Relativizzare tutte le religioni come si vuole facendolo passare per ecumenismo, che è ben altra cosa, è solo un gravissimo errore. Inoltre noi preghiamo per la loro conversione, non credo che loro lo facciano. GLI EBREI, COME I MUSULMANI, GLI INDUISTI, I CONFUCIANI,... SONO FUORI DALLA VERITA' PERCHE' LA VERITA' E' CRISTO. Ribadisco che non è antisemitismo ma coerenza con la propria fede. Quante verità allora esisterebbero? Una va bene per tutte? Una vale l'altra? (Relativismo). E la smettessero di fare le vittime, ogni cosa è contro di loro; di certo sono stati e sono un popolo perseguitato, da aiutare certo, ma loro ce ne dicono di tutti i colori nel Talmud, e si permettono di inveire contro il papa per la preghiera del venerdì santo? Si vergognassero e soprattutto sono rimasto esterreffatto da come la Chiesa dia retta a persone esterne ad essa su una questione così interna come la liturgia. Benedetto XVI è stato costretto ma io non avrei toccato il Messale per questi motivi per nulla al mondo. Ed infine basta politically correct, basta ipocrisia, basta relativismo!!!! Bisogna essere coerenti e veri ed evangelizzare la verità!!!
Ecco il testo che Di Segni caldamente rivuole, e che io non cambierei mai, lo vogliono loro, lo ripristenerei immediatamente:
Oremus et pro perfidis Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum Nostrum.
Oremus
V. Flectamus genua.
R. Levate.
Ominipotens sempiterne Deus, qui etiam iudaicam perfidia a tua misericordia non repellis: exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis tenebris eruantur. Per eundem Dominum. Amen.
elyna.luna
00domenica 17 febbraio 2008 23:36
beh ma per loro è coerente la loro visione..
Bestion.
00lunedì 18 febbraio 2008 16:24
Re:
proRatzinger, 17/02/2008 17.17:

Con vivo rammarico ho potuto constatare come il dialogo con gli ebrei sia sempre difficile: il papa Benedetto XVI, liberalizzando la messa tridentina con il Motu Proprio "Summorum Pontificum", datato 7 Luglio 2007, ha rimesso in vigore anche la preghiera del Venerdì Santo, contestata fin dal 1962, quando il Beato Giovanni XXIII eliminò la frase "pro perfidis Iudeis". Il papa, mosso dalle lettere dei rabbini e degli ebrei, ha apportato un ulteriore modifica alla preghiera del Venerdì Santo. Eccone il testo:
« Oremus et pro Iudaeis: ut Deus et Dominus noster illuminet corda eorum, ut agnoscant Iesum Christum salvatorem omnium hominum. Omnipotens sempiterne Deus, qui vis ut omnes homines salvi fiant et ad agnitionem veritatis veniant, concede propitius, ut plenitudine gentium in Ecclesiam Tuam intrante omnis Israel salvus fiat. Per Christum Dominum nostrum. Amen ».
Ed ecco una traduzione non ufficiale (il vecchio messale si usa solo in latino): « Preghiamo per gli Ebrei: il Signore Dio Nostro illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini. Dio Onnipotente ed eterno, Tu che vuoi che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, concedi propizio che, entrando la pienezza dei popoli nella tua Chiesa, tutto Israele sia salvo ».
Dopo queste modifiche, fatte per venire incontro ai carissimi ebrei, il rabbino di Roma, Riccardo Di Segni ha detto che papa Ratzinger avrebbe riportato indietro le lancette di 43 anni!!!! [SM=g27825] Allora, se a lui non va bene l'attuale preghiera, se fossi in papa Benedetto XVI, rimetterei quella dei tempi del Pastor Angelicus, Pio XII, quella dei "pro perfidis Iudeis", visto che tanto è uguale. Ma cosa vogliono gli ebrei? Che si tolga il riferimento a Cristo come salvezza, per farli stare buoni? CRISTO E' VIA, VERITA' E VITA, e se loro non l'accettano sono in ERRORE. Punto. E non è antisemitismo questo, come molti paventano, pieni di relativismo; è coerenza alla propria fede, è seguire i dettami di Santa Romana Chiesa. Allora, siccome dobbiamo sconfessare che Cristo sia la vera via, la verità e la vita, e quindi, come è automatico, che loro sono in ERRORE, dovremmo tutti convertirci alla loro fede. Ma noi, almeno, li andiamo incontro, loro cosa fanno per noi? Iniziassero ad eliminare gli attacchi contro i cattolici nel Talmud, ben più gravi dell'espressione "pro perfidis Iudeis". Ci vogliono far cadere nel relativismo: se noi dicessimo che Cristo non è più la via della salvezza, il cristianesimo non avrebbe più senso. Relativizzare tutte le religioni come si vuole facendolo passare per ecumenismo, che è ben altra cosa, è solo un gravissimo errore. Inoltre noi preghiamo per la loro conversione, non credo che loro lo facciano. GLI EBREI, COME I MUSULMANI, GLI INDUISTI, I CONFUCIANI,... SONO FUORI DALLA VERITA' PERCHE' LA VERITA' E' CRISTO. Ribadisco che non è antisemitismo ma coerenza con la propria fede. Quante verità allora esisterebbero? Una va bene per tutte? Una vale l'altra? (Relativismo). E la smettessero di fare le vittime, ogni cosa è contro di loro; di certo sono stati e sono un popolo perseguitato, da aiutare certo, ma loro ce ne dicono di tutti i colori nel Talmud, e si permettono di inveire contro il papa per la preghiera del venerdì santo? Si vergognassero e soprattutto sono rimasto esterreffatto da come la Chiesa dia retta a persone esterne ad essa su una questione così interna come la liturgia. Benedetto XVI è stato costretto ma io non avrei toccato il Messale per questi motivi per nulla al mondo. Ed infine basta politically correct, basta ipocrisia, basta relativismo!!!! Bisogna essere coerenti e veri ed evangelizzare la verità!!!
Ecco il testo che Di Segni caldamente rivuole, e che io non cambierei mai, lo vogliono loro, lo ripristenerei immediatamente:
Oremus et pro perfidis Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum Nostrum.
Oremus
V. Flectamus genua.
R. Levate.
Ominipotens sempiterne Deus, qui etiam iudaicam perfidia a tua misericordia non repellis: exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis tenebris eruantur. Per eundem Dominum. Amen.




Condivido il tuo rammarico! [SM=g27811]

proRatzinger
00sabato 1 marzo 2008 17:14
Ecco da Petrus un articolo interessante:

Erbe amare

di Baronio

CITTA’ DEL VATICANO - Lo strepito della turba per la preghiera pro Judæis della liturgia della Parasceve è davvero significativo e spinge ad alcune riflessioni. Intanto si tratta di una preghiera in verità travagliata: anticamente essa era l’unica che, nel corso della solenne funzione del Venerdì Santo, non prevedeva la genuflessione, in ricordo di quelle irridenti e sacrileghe che i manigoldi facevano a Nostro Signore durante la Sua Passione. Anche l’oremus era semplicemente letto e non cantato, per quella forma di profondo dolore che avvolgeva la Chiesa nel veder messo a morte il Salvatore proprio dal popolo al quale Egli si era rivelato e che aveva condotto fuori dall’Egitto. Poi si introdusse la genuflessione e la preghiera per la conversione dei Giudei fu parificata nella forma a tutte le altre. Successivamente cadde anche il riferimento alla judaica perfidia, in ragione del diverso significato che questo termine aveva assunto nelle lingue parlate. Il Concilio proseguì nella strada della distensione, riformulando la dottrina sul deicidio; la riforma liturgica che ne seguì riscrisse completamente la preghiera per gli Ebrei. Nel frattempo il dialogo ecumenico passava dal suo significato originale di zelo per la conversione degli acattolici a quello di assemblea permanente di tutte le religioni, includendovi d’ufficio anche gli Ebrei. A tante manifestazioni di disponibilità verso il popolo che non riconobbe il Messia, non corrisposero tuttavia segni di altrettanta disponibilità verso la Chiesa, ed ancor meno verso i Romani Pontefici, additati come responsabili ideologici o come muti spettatori delle persecuzioni naziste. È’ altrettanto significativo che le espressioni di plauso ed i riconoscimenti per l’opera a difesa del popolo ebraico di Pio XII siano giunti da illustri personalità dell’ebraismo quando ancora la liturgia del Venerdì Santo pregava pro perfidis Judæis, mentre le più crudeli ed immotivate insinuazioni si siano fatte strada - complice una certa stampa anticattolica - proprio quando la Chiesa si è mostrata più remissiva e conciliante. E d’altra parte, la conversione del rabbino Eugenio Zolli al Cattolicesimo è ora presentata come un fatto assolutamente marginale, mentre fu l’espressione di un riconoscimento ben più ampio dei meriti della Chiesa e della credibilità della sua dottrina. Non è la Chiesa che arbitrariamente parla dell’accecamento del popolo ebraico, ma Dio stesso per bocca di San Paolo, ed essa non può e non deve venir meno al proprio mandato di predicare il Vangelo di Gesù Cristo a tutte le nazioni, ivi compresi gli Ebrei. San Paolo, ebreo e cittadino romano, parlò ai suoi correligionari con maggiore chiarezza di quanto la prudenza del secolo non abbia suggerito ai fautori del dialogo interreligioso: le sue parole erano divinamente ispirate e attraverso di esse lo Spirito Santo suscitò innumerevoli conversioni di ebrei, ai quali la Chiesa di Cristo era additata come Nuova Gerusalemme, continuatrice delle antiche promesse, arca della nuova ed eterna Alleanza. Che poi alcuni ebrei si possano considerare disturbati nel sentirsi dire di esser lontani dalla Verità, è comprensibile. Come è comprensibile che gli equivoci generati in decenni di ecumenismo qualunquista possano aver lasciato credere che la dottrina cattolica avesse subìto un qualche ammorbidimento. Ma se nell’esposizione della Fede si può cercare di non affrontare di petto l’incredulo, non è tuttavia possibile annacquare la Verità insegnata da Nostro Signore, perché si tradirebbe la missione evangelizzatrice della Chiesa: essa sarebbe rimasta una delle tante sette giudaiche, confinate in una remota provincia dell’Impero, se non avesse conosciuto lo slancio apostolico sino al martirio, anche per mano degli stessi Ebrei, a cominciare dalla lapidazione del protomartire Santo Stefano. Stupisce infine che tanta attenzione sia posta sui testi liturgici del rito straordinario, quando nella sostanza anche la preghiera del rito riformato non pare così lontana dall’esprimere lo stesso concetto: la necessità della conversione. Conversione richiesta tanto al popolo che fu l’eletto, quanto agli scismatici, agli eretici, ai pagani. Se gli Ebrei si ritengono autorizzati a sindacare sulla liturgia della Chiesa Cattolica, sarebbe il caso che altrettanto facesse la Chiesa verso i testi rituali ebraici, sul cui contenuto anticristiano ha scritto recentemente anche Ariel Stefano Levi di Gualdo nel suo Erbe amare. Il secolo del sionismo (Bonanno Editore, 2007).
proRatzinger
00sabato 1 marzo 2008 17:15


Continua a credersi il 'popolo eletto'

di Sergio Rolando

CITTA’ DEL VATICANO - E’ purtroppo evidente che oltre 2000 anni di predicazione ed apostolato evangelico non sono bastati, malgrado i tanti risultati raggiunti, a produrre un'universale adesione al messaggio di Gesù. Tantissime e complesse sono, infatti, le ragioni che ancora ostano al trionfo della religione cristiana. Immenso sarebbe il compito di esaminare ed analizzare questi motivi ostativi che in parte possono talvolta essere individuati anche nell'inadeguatezza dello "stile" con cui viene proposto questo messaggio, "stile" o se si vuole "modus operandi" non sempre coerentemente rappresentativo dell'invito rivolto da Cristo all'umanità. Ma non è su questo che voglio soffermarmi, lo riterrei alquanto incongruo ed azzardato conoscendo i miei limiti; vorrei invece approfondire un aspetto che, a mio avviso, rende proprio gli ebrei, che sono i più vicini a noi cristiani quanto a radici, strenui e talvolta astiosi rinnegatori della rivelazione di Gesù. Vorrei sforzarmi di analizzare quella che può essere vista come un'implicazione psicologica che va ad inserirsi nell'eziologia di questo rifiuto di Cristo e della Sua parola. In tutta modestia, mi sembra di capire che per un ebreo la pietra d'inciampo del messaggio di Cristo è costituita anche da quella sorta di detronizzazione del "popolo eletto" difficile da accettare e soprattutto destabilizzante anche dal punto di vista psicologico per individui ai quali, fin dalla primissima infanzia, viene inculcato un concetto di privilegio, una sorta di coscienza di superiorità, la certezza di essere depositari di un rapporto preferenziale con il Creatore proprio in quanto appartenenti al "popolo eletto". Rinunciare concettualmente a queste consapevolezze non è cosa da poco. Certamente per costoro risulta più appagante e soprattutto più gratificante continuare a considerarsi quel "popolo eletto", distinto, diverso e superiore agli altri popoli in virtù di questo preteso privilegio. Ecco quindi per un ebreo il contenuto dirompente e, come dicevo, destabilizzante della rivelazione di Gesù che, pur ebreo tra gli ebrei, non parla più di "popolo eletto" nel senso giudaico dell'espressione ma fa riferimento al quel popolo senza etnia di cui fanno parte tutti coloro che attuano la volontà del Padre e soprattutto ne riconoscono in Cristo il Figlio prediletto. Nella mia vita relazionale aperta ad ogni confronto, non ho mai avuto modo di misurarmi su quanto esposto con un figlio d'Israele; se dovesse capitare, non esiterei a dirgli che, dopo l'avvento di quel Gesù misconosciuto, alla luce di oltre duemila anni di storia travagliata del suo popolo, le parole di "Quel Condannato" che salendo sul Calvario commiserava le donne di Gerusalemme e la loro progenie dovrebbero, quanto meno, far riflettere. Inoltre, per tornare a quell'implicazione psicologica accennata, a costo di sembrare poco conciliante, direi ancora che magari si può rinunciare più facilmente ad una fede che alla presunzione di un privilegio, di una superiorità sugli altri popoli, di una sorta di marchio D.O.C.. Soprattutto, però, mi sforzerei di spiegare che con la rinunzia a quell'orgoglioso senso d'appartenenza al "popolo eletto" ed accettando il messaggio ecumenico di Gesù, tante volte sottolineato da Paolo di Tarso, si entrerebbe nell'immensa comunità dei fratelli in Cristo e si scoprirebbe un Dio che non è solo quello del roveto in fiamme e delle dodici tavole ma è quello dell'amore infinito di un Dio incarnato e crocefisso per la salvezza di tutta l'umanità. Ma, intanto, ironia della sorte, gli ebrei con pazienza sovrumana aspettano ancora il messia e, pur nel silenzio dei loro profeti, assenti dalla scena da qualche millennio, puntigliosamente continuano a rinnegare quel Figlio di Davide che è stato ed è il segno più tangibile del vero privilegio accordato alla loro stirpe.
elyna.luna
00domenica 2 marzo 2008 14:29
Re:
proRatzinger, 01/03/2008 17.15:



Continua a credersi il 'popolo eletto'

di Sergio Rolando

CITTA’ DEL VATICANO - E’ purtroppo evidente che oltre 2000 anni di predicazione ed apostolato evangelico non sono bastati, malgrado i tanti risultati raggiunti, a produrre un'universale adesione al messaggio di Gesù. Tantissime e complesse sono, infatti, le ragioni che ancora ostano al trionfo della religione cristiana. Immenso sarebbe il compito di esaminare ed analizzare questi motivi ostativi che in parte possono talvolta essere individuati anche nell'inadeguatezza dello "stile" con cui viene proposto questo messaggio, "stile" o se si vuole "modus operandi" non sempre coerentemente rappresentativo dell'invito rivolto da Cristo all'umanità. Ma non è su questo che voglio soffermarmi, lo riterrei alquanto incongruo ed azzardato conoscendo i miei limiti; vorrei invece approfondire un aspetto che, a mio avviso, rende proprio gli ebrei, che sono i più vicini a noi cristiani quanto a radici, strenui e talvolta astiosi rinnegatori della rivelazione di Gesù. Vorrei sforzarmi di analizzare quella che può essere vista come un'implicazione psicologica che va ad inserirsi nell'eziologia di questo rifiuto di Cristo e della Sua parola. In tutta modestia, mi sembra di capire che per un ebreo la pietra d'inciampo del messaggio di Cristo è costituita anche da quella sorta di detronizzazione del "popolo eletto" difficile da accettare e soprattutto destabilizzante anche dal punto di vista psicologico per individui ai quali, fin dalla primissima infanzia, viene inculcato un concetto di privilegio, una sorta di coscienza di superiorità, la certezza di essere depositari di un rapporto preferenziale con il Creatore proprio in quanto appartenenti al "popolo eletto". Rinunciare concettualmente a queste consapevolezze non è cosa da poco. Certamente per costoro risulta più appagante e soprattutto più gratificante continuare a considerarsi quel "popolo eletto", distinto, diverso e superiore agli altri popoli in virtù di questo preteso privilegio. Ecco quindi per un ebreo il contenuto dirompente e, come dicevo, destabilizzante della rivelazione di Gesù che, pur ebreo tra gli ebrei, non parla più di "popolo eletto" nel senso giudaico dell'espressione ma fa riferimento al quel popolo senza etnia di cui fanno parte tutti coloro che attuano la volontà del Padre e soprattutto ne riconoscono in Cristo il Figlio prediletto. Nella mia vita relazionale aperta ad ogni confronto, non ho mai avuto modo di misurarmi su quanto esposto con un figlio d'Israele; se dovesse capitare, non esiterei a dirgli che, dopo l'avvento di quel Gesù misconosciuto, alla luce di oltre duemila anni di storia travagliata del suo popolo, le parole di "Quel Condannato" che salendo sul Calvario commiserava le donne di Gerusalemme e la loro progenie dovrebbero, quanto meno, far riflettere. Inoltre, per tornare a quell'implicazione psicologica accennata, a costo di sembrare poco conciliante, direi ancora che magari si può rinunciare più facilmente ad una fede che alla presunzione di un privilegio, di una superiorità sugli altri popoli, di una sorta di marchio D.O.C.. Soprattutto, però, mi sforzerei di spiegare che con la rinunzia a quell'orgoglioso senso d'appartenenza al "popolo eletto" ed accettando il messaggio ecumenico di Gesù, tante volte sottolineato da Paolo di Tarso, si entrerebbe nell'immensa comunità dei fratelli in Cristo e si scoprirebbe un Dio che non è solo quello del roveto in fiamme e delle dodici tavole ma è quello dell'amore infinito di un Dio incarnato e crocefisso per la salvezza di tutta l'umanità. Ma, intanto, ironia della sorte, gli ebrei con pazienza sovrumana aspettano ancora il messia e, pur nel silenzio dei loro profeti, assenti dalla scena da qualche millennio, puntigliosamente continuano a rinnegare quel Figlio di Davide che è stato ed è il segno più tangibile del vero privilegio accordato alla loro stirpe.




scusa se mi permetto di controbattere.. ma è un po la stessa cosa che fanno i cattolici.. si credono gli unici ad avere la verità assoluta a differenza degli altri popoli..
Mi chiedo come mai vi sorprendente.. dopotutto fanno ciò che anhce voi fate!
|Voce nel deserto|
00domenica 2 marzo 2008 19:46
Re:
proRatzinger, 01/03/2008 17.15:



Continua a credersi il 'popolo eletto'

di Sergio Rolando

CITTA’ DEL VATICANO - E’ purtroppo evidente che oltre 2000 anni di predicazione ed apostolato evangelico non sono bastati, malgrado i tanti risultati raggiunti, a produrre un'universale adesione al messaggio di Gesù. Tantissime e complesse sono, infatti, le ragioni che ancora ostano al trionfo della religione cristiana. Immenso sarebbe il compito di esaminare ed analizzare questi motivi ostativi che in parte possono talvolta essere individuati anche nell'inadeguatezza dello "stile" con cui viene proposto questo messaggio, "stile" o se si vuole "modus operandi" non sempre coerentemente rappresentativo dell'invito rivolto da Cristo all'umanità. Ma non è su questo che voglio soffermarmi, lo riterrei alquanto incongruo ed azzardato conoscendo i miei limiti; vorrei invece approfondire un aspetto che, a mio avviso, rende proprio gli ebrei, che sono i più vicini a noi cristiani quanto a radici, strenui e talvolta astiosi rinnegatori della rivelazione di Gesù. Vorrei sforzarmi di analizzare quella che può essere vista come un'implicazione psicologica che va ad inserirsi nell'eziologia di questo rifiuto di Cristo e della Sua parola. In tutta modestia, mi sembra di capire che per un ebreo la pietra d'inciampo del messaggio di Cristo è costituita anche da quella sorta di detronizzazione del "popolo eletto" difficile da accettare e soprattutto destabilizzante anche dal punto di vista psicologico per individui ai quali, fin dalla primissima infanzia, viene inculcato un concetto di privilegio, una sorta di coscienza di superiorità, la certezza di essere depositari di un rapporto preferenziale con il Creatore proprio in quanto appartenenti al "popolo eletto". Rinunciare concettualmente a queste consapevolezze non è cosa da poco. Certamente per costoro risulta più appagante e soprattutto più gratificante continuare a considerarsi quel "popolo eletto", distinto, diverso e superiore agli altri popoli in virtù di questo preteso privilegio. Ecco quindi per un ebreo il contenuto dirompente e, come dicevo, destabilizzante della rivelazione di Gesù che, pur ebreo tra gli ebrei, non parla più di "popolo eletto" nel senso giudaico dell'espressione ma fa riferimento al quel popolo senza etnia di cui fanno parte tutti coloro che attuano la volontà del Padre e soprattutto ne riconoscono in Cristo il Figlio prediletto. Nella mia vita relazionale aperta ad ogni confronto, non ho mai avuto modo di misurarmi su quanto esposto con un figlio d'Israele; se dovesse capitare, non esiterei a dirgli che, dopo l'avvento di quel Gesù misconosciuto, alla luce di oltre duemila anni di storia travagliata del suo popolo, le parole di "Quel Condannato" che salendo sul Calvario commiserava le donne di Gerusalemme e la loro progenie dovrebbero, quanto meno, far riflettere. Inoltre, per tornare a quell'implicazione psicologica accennata, a costo di sembrare poco conciliante, direi ancora che magari si può rinunciare più facilmente ad una fede che alla presunzione di un privilegio, di una superiorità sugli altri popoli, di una sorta di marchio D.O.C.. Soprattutto, però, mi sforzerei di spiegare che con la rinunzia a quell'orgoglioso senso d'appartenenza al "popolo eletto" ed accettando il messaggio ecumenico di Gesù, tante volte sottolineato da Paolo di Tarso, si entrerebbe nell'immensa comunità dei fratelli in Cristo e si scoprirebbe un Dio che non è solo quello del roveto in fiamme e delle dodici tavole ma è quello dell'amore infinito di un Dio incarnato e crocefisso per la salvezza di tutta l'umanità. Ma, intanto, ironia della sorte, gli ebrei con pazienza sovrumana aspettano ancora il messia e, pur nel silenzio dei loro profeti, assenti dalla scena da qualche millennio, puntigliosamente continuano a rinnegare quel Figlio di Davide che è stato ed è il segno più tangibile del vero privilegio accordato alla loro stirpe.


certamente possiamo dire che gli ebrei hanno una pazienza biblica. [SM=g27824]

Comunque è giusto così, una parte di ebrei non si sono convertiti come profetizzato dalle sacre scritture. Una ulteriore prova della veridicità del cristianesimo.

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