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C'è obbligo di astensione?

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    giandan
    Post: 75
    Registrato il: 16/06/2003
    Utente Junior
    00 26/06/2003 12:44
    Caso pratico:
    Un comune intende approvare in Consiglio un Piano di Insediamenti Produttivi, espropriando alcuni terreni.
    Uno di questi terreni è di proprietà del fratello del Sindaco.
    Il Sindaco deve astenersi dal votare il Piano nella seduta del consiglio?
    -----------

    Illumina ciò che ami senza toccarne l'ombra
    (C. Bobin)
  • cicolex
    00 26/06/2003 14:17
    Non è molto "fresca":

    Con la prescrizione di che all'art. 290 r.d. 4 febbraio 1915 n.
    148, si e' inteso precludere la partecipazione degli amministratori
    alle delibere in tutti i casi in cui loro particolare posizione in
    relazione all'oggetto della deliberazione in discussione possa far
    ragionevolmente supporre un esercizio non imparziale e
    disinteressato delle funzioni (nella specie, aveva partecipato alla
    delibera di assegnazione di aree ricomprese nel p.e.e.p. il sindaco,
    il cui fratello risultava titolare dell'impresa esecutrice dei
    lavori relativi agli interventi edilizi in zona 167).

    Con la prescrizione di cui all'art. 290 r.d. 4 febbraio 1915 n.
    148, si e' inteso precludere la partecipazione degli amministratori
    degli enti locali alle deliberazioni in cui la loro particolare
    posizione in relazione all'oggetto in discussione possa
    ragionevolmente far supporre un esercizio non imparziale e
    disinteressato delle funzioni. (Nella specie, e' stata dichiarata
    illegittima la delibera consiliare di ratifica e convalida del
    decreto di occupazione di urgenza di alcune aree in quanto tale
    delibera era stata adottata con la partecipazione del direttore dei
    lavori del progetto relativo all'intervento edilizio nella zona da
    espropriare e del sindaco, fratello del titolare dell'impresa
    esecutrice dei lavori).

    T.A.R. Puglia 13 maggio 1982 n. 237

    [Modificato da cicolex 26/06/2003 14.19]

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    scanners
    Post: 154
    Registrato il: 12/06/2003
    Utente Junior
    00 26/06/2003 15:04
    Mi permetto, anche se dopo la sempre puntuale risposta di cico, di richiamare , come peraltro già fatto in altro topic, quanto previsto dal 2° comma dell'art. 78 del D. Lgs. 267/00 il quale prevede che gli amministratori devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi proprio o di loro parenti o affini sino al quarto grado.

    [Modificato da scanners 26/06/2003 15.06]

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    giandan
    Post: 76
    Registrato il: 16/06/2003
    Utente Junior
    00 27/06/2003 09:54
    Qualora l'interessato non si astenga dal prendere parte alla discussione e alla votazione, come è possibile agire?
    Ricorso al Tar?
    -----------

    Illumina ciò che ami senza toccarne l'ombra
    (C. Bobin)
  • cicolex
    00 27/06/2003 10:00
    Vedi sopra: TAR Puglia "Nella specie, e' stata dichiarata
    illegittima la delibera consiliare....."
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    scanners
    Post: 156
    Registrato il: 12/06/2003
    Utente Junior
    00 28/06/2003 09:05
    Certamente l'unica strada per impugnare la delibera è il ricorso al TAR. Ma io mi chiedo perchè alcuni amministratori, di fronte a delle norme abbastanza chiare, continuano ad agire in un modo così sprovveduto.
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    giandan
    Post: 83
    Registrato il: 16/06/2003
    Utente Junior
    00 28/06/2003 09:07
    ... mettendo a repentaglio e a rischio la loro stessa decisione...

    Mah, non so.
    -----------

    Illumina ciò che ami senza toccarne l'ombra
    (C. Bobin)
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    ferrari.m
    Post: 16
    Registrato il: 23/06/2003
    Utente Junior
    00 28/06/2003 11:55
    In un caso così palese però anche il Segretario avrebbe potuto, con tutta la discrezione del caso, suggerire caldamente l'astensione al Sindaco.
    Un po' di coraggio ...[SM=g27821]
    _________________
    ferrari.m
    φφφφφφφφφφφφφφφφφφφφφφφ
    "Un uomo la cui reputazione si basa sulla sua abilità in una tecnica è uno stupido. Concentrando tutta la sua energia in un solo campo, certamente vi eccelle, ma non è interessato ad altro. Un uomo simile è inutile."
    (Hagakure, I, 147)
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    scanners
    Post: 165
    Registrato il: 12/06/2003
    Utente Junior
    00 01/07/2003 08:17
    I Segretari credo che alcune volte si trovino in condizione di "imbarazzo" nel suggerire agli amministratori come dovrebbero comportarsi..
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    marco panaro
    Post: 12.220
    Registrato il: 24/06/2003
    Utente Gold
    00 18/06/2008 16:56
    Consiglio di Stato (sezione quinta), sentenza 13/06/08, n. 2970

    La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio la dove esclude che i componenti del consiglio comunale, che avevano l’obbligo di astensione, assumano la veste di controinteressati nel giudizio in cui si fa valere l’illegittimità della deliberazione assunta con la loro partecipazione (cfr. sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3385; sez. V, 9 ottobre 2006, n. 6005).

    In casi del genere non si riscontrano i due presupposti essenziali che integrano la nozione di controinteressato in senso proprio: l’elemento formale (ovvero la menzione espressa della persona nell’atto impugnato o la sua immediata rintracciabilità); l’elemento sostanziale, ovvero l’interesse immediato e differenziato rispetto a quello del quivis de populo a mantenere gli effetti del provvedimento impugnato che è riferibile in via esclusiva all’ente.
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    lillo1
    Post: 2.979
    Registrato il: 25/07/2003
    Utente Veteran
    00 22/06/2008 17:10
    la sentenza citata da marco fa un bel riassunto, mi pare, dei principi e modalità applicative dell'obbligo di astensione normato dall'art. 78 comma 2 del tuel

    6.3.1. L’art. 78, co. 2, t.u. enti locali sancisce che <>.
    La norma in esame è espressione di un obbligo generale di astensione dei membri di collegi amministrativi che si vengano a trovare in posizione di conflitto di interessi perché portatori di interessi personali, diretti o indiretti, in contrasto potenziale con l’interesse pubblico (Cfr. Cons. St., sez. II, 18 febbraio 2004 n. 5486\03; sez. IV, 7 ottobre 1998 n. 1291).
    Il conflitto d’interessi, nei suoi termini essenziali valevoli per ciascun ramo del diritto, si individua nel contrasto tra due interessi facenti capo alla stessa persona, uno dei quali di tipo «istituzionale» ed un altro di tipo personale (cfr. Cass., 18 maggio 2001, n. 6853 in materia condominiale; Cass. 28 dicembre 2000, n. 16205, su casi di conflitto di interessi relativi a titolari di cariche pubbliche).
    La ratio di tale obbligo va ricondotta al principio costituzionale dell’imparzialità dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97 Cost., a tutela del prestigio della p.a. che deve essere posta al di sopra del sospetto, e costituisce regola tanto ampia quanto insuscettibile di compressione alcuna.
    Dai su esposti principi discendono i seguenti corollari:

    a)l’obbligo ricorre per il solo fatto che i membri del collegio amministrativo siano portatori di interessi divergenti rispetto a quello generale affidato alle cure dell’organo di cui fanno parte, risultando irrilevante, a tal fine, la circostanza che la votazione non avrebbe potuto avere altro apprezzabile esito, che la scelta sia stata in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico, ovvero che non sia stato dimostrato il fine specifico di realizzare l’interesse privato o il concreto pregiudizio dell’amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826);

    b)i soggetti interessati alle deliberazioni assunte dagli organi collegiali di cui fanno parte devono evitare di partecipare finanche alla discussione, potendo condizionare nel complesso la formazione della volontà assembleare, sicché è irrilevante l’esito della prova di resistenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 ottobre 1998, n. 1291);

    c)l’atto assunto in violazione dell’obbligo di astensione è annullabile in toto e non solo per la parte eventuale del provvedimento che riguardi il solo componente incompatibile (cfr. sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3385);

    d)a tutela dell’immagine dell’amministrazione, rileva anche il conflitto di interessi potenziale, come evidenziato anche dalla giurisprudenza costituzionale e civile (cfr. Corte cost. 28 maggio 1975, n. 129; Cass. 16 settembre 2002, n. 13507).

    6.3.2. Il sistema di norme e valori fin qui illustrato gioca un ruolo ancora più incisivo in ordine alle delibere degli enti locali ed in particolare al procedimento di revoca del presidente del consiglio comunale (ed organi assimilati).

    Come emerge dal tenore letterale della norma e dalla sua ratio, la regola generale è che l’amministratore debba astenersi al minimo sentore di conflitto di interessi, reale o potenziale che sia; la deroga divisata per gli atti generali e normativi, oltre a non essere assoluta (perché qualora si profili il concreto interesse personale si ripristina l’obbligo di astensione), è da considerarsi tassativa ed incapace quindi, di incidere sul perimetro della fattispecie ampliandolo internamente (cfr. Cons. Stato, sez. II, 26 gennaio 2005, n. 8525/04 secondo cui l’art. 78 cit., deve essere applicato con rigore da ogni amministratore).
    Approfondendo la tematica della revoca dall’ufficio di presidente del consiglio comunale, la più attenta giurisprudenza della sezione non ha mancato di rilevare, in proposito, che siffatta revoca, in quanto espressione di valutazioni anche latamente politiche, influenza il sindacato esercitabile dal giudice amministrativo che si svolge con pienezza quando si tratta di verificare la legittimità formale del procedimento seguito, ma resta notevolmente limitato con riferimento agli aspetti politico discrezionali che si manifestano con l’atto (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2004, n. 1042).
    In questa prospettiva non può accogliersi la tesi – diffusamente illustrata nell’appello e nella memoria conclusionale, ed alla quale si è ispirata l’ordinanza cautelare – che estende la rilevanza dell’interesse politico o istituzionale oltre il perimetro dei vizi sostanziali della funzione, scardinando le garanzie minime del procedimento, fino al punto di rendere sempre opinabile ed incerto (e quindi irrilevante) il rapporto fra la relazione di parentela o affinità ed i casi in cui vengano in rilievo interessi personali e concreti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2006, n. 6005 richiamata per altro dall’impugnata sentenza del T.a.r., in cui è stato riconosciuto l’obbligo dell’astensione in capo al consigliere comunale fratello della persona designata alla carica di difensore civico con delibera consiliare).
    La regola della astensione del consigliere comunale deve trovare applicazione in tutti i casi in cui il consigliere, per ragioni obiettive, non si trovi in posizione di assoluta serenità rispetto alle decisioni da adottare di natura discrezionale; in tal senso il concetto di «interesse» del consigliere alla deliberazione comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà, verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire alla adozione di una delibera (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 novembre 2003, n. 7050).
    E’ dunque evidente che allorquando una delibera consiliare abbia ad oggetto una persona ben individuata (da nominare, revocare, designare ecc.), in quanto tale non può mai essere considerata espressione di indirizzo politico generale ai fini dell’obbligo sancito dal più volte menzionato art. 78.
    lillo1
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    Michele Dei Cas
    Post: 498
    Registrato il: 23/03/2007
    Utente Senior
    00 28/08/2009 16:22
    Vexata quaestio
    Il TAR di Lecce torna su un argomento sul quale si sono spesi fiumi di parole (ricordo interminabili discussioni su lexitalia). In particolare il Dott. Oliveri sosteneva con fermezza che, nel caso dell'astensione obbligatoria, non si poteva più parlare di obbligo di assentarsi (e non si poteva neppure introdurla nello Statuto o nelRegolamento del consiglio).
    Con sentenza 1884 del 18 luglio 2009 Il Tar Salentino si esprime così: "In conclusione, il Presidente del Consiglio comunale di Manduria non avrebbe potuto prendere parte, né in fase di discussione, né in fase di votazione, alle riunioni consiliari riguardanti il progetto in discussione".
    *******

    "E' un mondo difficile - è vita intensa - felicità a momenti e futuro incerto" (T. Carotone)
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    lillo1
    Post: 3.500
    Registrato il: 25/07/2003
    Utente Master
    00 31/08/2009 23:17
    la posizione di Oliveri aveva un fondamento normativo per così dire "negativo" , basandosi sulla considerazione che, se prima l'obbligo di allontanarsi dall'aula in caso di conflitto di interessi era specificamente previsto dalla norma, dopo che il legislatore, avendo ricopiato la norma tale e quale, aveva espunto proprio quell'inciso, sembra inequivocabile che intendesse dire che l'obbligo di allontanarsi non sussiste più. che poi non si possa introdurre per statuto o per regolamento non ci giurerei.
    e la cosa aveva una sua logica per cercare di arginare il problema dell'impossibilità, in molti comuni, di garantire il quorum strutturale per la validità della seduta in caso di permanenza dell'obbligo di allontanarsi in capo agli incompatibili (problema annoso soprattutto per l'approvazione dei prgc e delle loro varianti, nei comuni piccoli e medi)
    avevo approfondito questo argomento tempo addietro, e avevo trovato pareri, risoluzioni, sentenze e articoli che sostenevano sia l'una che l'altra tesi.
    io rimango dell'idea di oliveri. con il distinguo che ho già detto.
    lillo1
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    Michele Dei Cas
    Post: 499
    Registrato il: 23/03/2007
    Utente Senior
    00 01/09/2009 08:53
    NOn per amore dell'autocitazione ma siccome sono sempre più pigro, ti riporto il testo del mio intervento in una discussione sul forum di Lexitalia (7 maggio 2005), nel corso della quale ben più pregevoli interventi figuravano anche da parte di tali Silvia Salvai e Mario Ferrari.
    < Personalmente, ritengo che l’ente, attraverso gli strumenti statuari [SM=g27832] e regolamentari, possa regolare la materia anche in senso più restrittivo rispetto alla formulazione letterale del Tuel, per le seguenti ragioni:
    a) la materia mi sembra rientrare fra quelle che il Tuel demanda alla regolamentazione comunale (funzionamento degli organi, artt. 3, 38);
    b) è ben vero che, come più sopra sostenuto dal Dott. Oliveri, molta della giurisprudenza che ancora oggi emerge, si riferisce a fattispecie precedenti alla riforma; anzi io non ho trovato sentenze su questo argomento specifico, successive alla legge 265 del 1999 poi trasfusa nell’art. 78 del Tuel. La giurisprudenza anteriore però si è formata in relazione all’art. 290 del TU 1915, che, anch’esso, non prevedeva l’obbligo di assentarsi, a differenza dell’art. 279 del TU 1934 (abrogato dalla legge 530/1947); la formulazione dell’art. 290 del t.u. 1915 (debbono astenersi dal prendere parte alle deliberazioni…) non mi sembra così diversa da quella vigente (devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere…), anche se capisco che l’inciso “discussione e votazione” potrebbe far pensare alla volontà del legislatore di delimitare l’obbligo;
    c) a parte i dubbi di cui sopra, per quanto riguarda le conseguenze penali, il giudice eventualmente investito della questione potrebbe, ritengo, considerare irrilevante il comportamento, facendo salva la riserva di legge, fermo restando, invece, l’obbligo del rispetto della norma regolamentare, ai fini della legittimità dell’atto.
    Mi scuso se ho annoiato, ma, come espresso da molti forumisti alla pagina 1 della discussione, si tratta di un argomento molto rilevante, nella vita pratica degli enti, con effetti potenzialmente paradossali (ripeto: delibera approvata con un voto favorevole e … 60 consiglieri astenuti per incompatibilità); aggiungo, en passant, che trovo difficile, concettualmente, non considerare i presenti (astenuti) ai fini della validità della seduta, quando la norma parla di “presenza”>>.
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