ROMA
Walter Veltroni lascia la guida del Pd. Dopo sedici mesi al timone dei democratici, il segretario ha deciso di dimettersi nonostante l'appello del partito a restare. Un addio ai vertici del Pd che ha avuto come causa scatenante la secca sconfitta patita dal candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Sardegna Renato Soru che pure con le sue dimissioni nel novembre dello scorso anno aveva creato non pochi problemi allo stesso centrosinistra, poi ricompattatosi per necessità sul nome dell’ex Governatore sardo.
Veltroni aveva aperto la riunione mattutina spiegando che se il partito è da tempo dilaniato da divisioni e fibrillazioni interne è perchè le critiche si concentrano sulla linea politica da lui scelta e sulla sua persona, dunque se «per molti sono un problema - aveva detto Veltroni - io sono pronto ad andarmene per il bene del partito». Per Veltroni, infatti, il progetto del Pd è più importante delle singole persone e dei singoli ruoli. A queste argomentazioni, a quanto si apprende, tutti i membri del coordinamento avevano replicato spiegando l’inopportunità di lasciare il partito senza una guida durante una campagna elettorale ed appuntamenti decisivi. Ma, soprattutto, raccontano, tutti al coordinamento avrebbero fatto una assunzione corale di responsabilità.
Il primo ad intervenire era stato Pierluigi Bersani, che aveva ribadito la sua lealtà al partito e al progetto, dicendosi pronto a proseguire su questa strada ed anche lui ha rifiutato l’idea che le responsabilità della situazione dipendano dal solo segretario. Anche Francesco Rutelli aveva rinnovato la sua fiducia a Veltroni ma aveva chiesto un passo in avanti per rinnovare il partito: «Non si torna indietro. L’esperienza di Margherita e Ds è conclusa. Ora Veltroni faccia quello che non è riuscito a fare finora. Ha il pieno rinnovo della mia fiducia per fare un partito nuovo», aveva detto l'ex vicepremier. Intanto Di Pietro esulta: «L’Idv sale e il Partito democratico scende. Ciò dimostra che quando si sta all’opposizione si fa opposizione e non si fa ammuina. Il Pd se non si decide ad essere maschio o femmina, finisce per non essere nessuno». L’Idv, è l'affondo di Di Pietro, «è l’unica opposizione rimasta» in piazza e nelle istituzioni.
Il vicesegretario del Pd, Dario Franceschini, ha convocato per domani mattina alle 8.30 il coordinamento che dovrà decidere i passaggi successivi alle dimissioni da segretario di Walter Veltroni. Le ipotesi in campo, delle quali si sta discutendo in queste ore, sono di convocare al più presto l’assemblea costituente, unico organismo legittimato ad eleggere un nuovo segretario del Pd, in deroga a quanto prevede lo statuto che dispone il ricorso alle primarie per la scelta delle candidature e, quindi, l’elezione del segretario. A quanto si apprende, sarebbe questa l’ipotesi più accreditata, anche se nella riunione del coordinamento di questo pomeriggio c’è chi ha chiesto un passaggio formale anche in direzione nazionale.
L’imperativo, spiegano fonti Pd, è comunque di fare presto, di non lasciare il partito troppo a lungo in una fase indeterminata e senza guida. Dunque, sarà convocata al più presto l’assemblea costituente, chiamata ad eleggere un segretario provvisorio con il compito di portare il partito alle elezioni europee ed amministrative della prossima primavera e al congresso del prossimo autunno. A quanto si apprende, tra le ipotesi inizialmente circolate c’era anche quella di una gestione collegiale transitoria, ipotesi però scartata dai più. Stesso discorso per il congresso anticipato, strada che non ha trovato terreno fertile in nessuno dei componenti del coordinamento, anche per problemi di tempi e di tesseramento, ancora non ultimato
DA LASTAMPA.IT
ciaociao
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"Essere sbirro insegna tanto.
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Vic Mackey
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