Stamane alle h. 5 locali, quando con ogni cura estrassi la sonda esterna del termometro (che pareva un pezzo di legno!), la T era ancora salita a -31.2 con un cielo uniformemente coperto e visibilita' buona. Jakutsk aveva dunque voluto regalarmi una curva termica concava coi picchi -45/-42 proprio a meta' del mio soggiorno ed, ora, con una risalita che ricordava il mio arrivo una settimana prima; questo fatto aveva consentito indubbiamente che mi acclimatassi meglio e pure che avessi goduto appieno di quel -40 che, in fondo, rappresenta un po'...la solidarieta' meteo nel mondo in quanto, come campeggia su quasi tutte le cartoline del Minnesota, le scale C e F si incontrano idealmente.
In albergo, avevo trovato persone tutte assai cortesi e disponibili con me, salvo una matrona russa biondiccia che, sin dal primo giorno mi aveva preso in uggia...e la cosa, ovviamente era reciproca. Stamane alle 5.30 era presente questa temibile Olga che, come di consueto, mi guardava di traverso, e la collega in subordine, una certa Svetlana, di fattezze jakute, che sapeva un po' d'inglese e ricordava, come modi, la direttrice del'istituto studi sul permafrost. Ella, dispiacendosi infatti nella stessa maniera (ma in inglese migliore), mi disse che avevo abbondantemente superato il tetto consentito ai clienti per Internet e che, pertanto, avrei dovuto pagare l'eccedenza, di 1180 rubli ovvero ca 29 EUR. Poiche' la collega con comprendeva nulla (ma doveva essere la sua soprastante), ella mi disse chiaro e tondo che avrebbe volentieri chiuso un occhio ma era stata redarguita in merito.
Avendo ormai pochi rubli, pagai in Euro; potevo, d'altronde essere ben contento: in 9 giorni, degli 800 portati con me, ne avanzavano 150 (ovvio, con viaggio ed alberghi pre-pagati) e non ero certo stato a dieta, perche'... mi vedevo bello rotondo rispetto alla partenza. Quando Mrs. Svetlana mi dette regolare stampa del mio impegno on-line, non potei che sorridere: in sette giorni, avevo trascorso in Rete la bellezza di 52h e 51', oltre sette ore e mezza al di' (!). D'altronde, avevo utilizzato le gelide e soprattutto buie, ore del primo mattino o dalle 16 in poi, dunque tutto aveva funzionato perfettamente, senza che il resoconto-viaggio avesse sottratto nulla alle mie fameliche peregrinazioni per la citta'.
Siccome il potere delle addette alla reception e' notevole in tutta la Russia, Mrs. Svetlana fece un cenno all'onnipresente poliziotto, affiche' uscisse a vedere se il taxi fosse arrivato. Egli scatto' come una molla, ma fu poi lei ad aprirmi le quattro porte mentre, con i miei borsoni, mi congedavo definitivamente da Jakutsk.
Il taxista di oggi, era un ometto con lo stesso viso di Putin, alla guida delle solite vaste Volga bianche che, all'interno, sembrano ancora piu' grandi per i sedili spartani e sottili. Percorrevo per l'ultima volta la "Lenina U" in direzione N e buttai ancora uno sguardo su ogni palazzo che piu' aveva, in precedenza, colpito la mia attenzione. Forse galvanizzato dalla strada rettilinea, ampia e sgombra di traffico data l'ora, il piccolo Putin comincio' ad accelerare e, naturalmente a pattinare paurosamente. Quando la lancetta del tachimetro sfioro' gli 80 km/h, detti un colpo di tosse significativo come un avvertimento: l'auto aveva lo stesso incedere rollante di un piccolo traghetto che beccheggi sulle onde della Manica. Poi, mica gli avevo detto di correre...!
L'aeroporto di Jakutsk non e' ne' piccolo ne' grande ma, quando il taxi arrivo', probabilmente Mrs. Svetlana aveva telefonato per compensare a suo modo la questione di Internet. Cosi', senza che io avessi il tempo di dire nulla, un uomo in tuta blu arrivo' con un carrello porta bagagli e li condusse a quei marchingegni di impacchettamento totale, senza volere i 200 Rubli stampati sul prezziario. Arrivai al check-in e si avvino' un funzionario un po' anziano che mi saluto'...@ciao Torino!@. La vicenda diveniva veramente incredibile....(!). Dopo un veloce controllo passaporti, mi trovai in una vasta sala un po' spoglia con bella vista sulle piste, sala che, stranamente era quasi deserta.
C'e' da dire come, il volo a/r Jakutsk-Mosca acquistato in Russia, possa costare fra 500 e 700 EUR a seconda della disponibilita' posti, stagione etc. etc. Contraddizione siderale in un Paese che, per gli spostamenti, deve affidarsi piu' all'aereo che alle quasi inesistenti strade o ferrovie o, diciamola tutta, un vero ricatto ai danni di una citta' che, viversa, sarebbe quasi del tutto isolata.
Per questa ragione, chi prende questo volo, lo fa o per ragioni di affari o per eventi familiari importanti o molto gravi...considerato che si tratta di ben piu' di uno stipendio medio.
Fatto sta' che la sala d'attesa era mezza vuota perche', in parte le gente affollava un piccolo bar, scolandosi birra alle 7 di mattina, in parte era asserragliata all'ingresso dei bagni, fumando copiosamente. Diveniva quasi chiaro e, mentre un'anziana signora col viso inquietante da zingara voleva attaccare bottone ad ogni costo, due @giovani trasfertiste@ apparivano raggianti, facendo un baccano d'inferno per i tacchi di plastica su cui erano issate. Altre persone guardavano il Boeing 737 della compagnia siberiana S7, che gia' attendeva sul piazzale nella propria livrea color verde pisello da sembrare nuovo, come non avessero mai volato. E poteva essere vero.
Ed alla fine tocco' imbarcarsi; ma la Siberia volle farmi un ultimo regalo, offrendomi la sorpresa di una sottilissima ma fitta nevicata coi -31 che un tabellone luminoso indicava scrupolosamente. Fummo convogliati sul piu' consueto pullman-transfer, e non a piedi come all'arrivo. Solo che, il pullman non era riscaldato e quando la porta si chiuse, pareva di essere davvero in un congelatore con queste pareti metalliche freddissime, in un'atmosfera surreale di nuvole di fiato dei partenti, che aleggiavano come una nebbiolina gelata fra i sedili logori. Quando salii sulla scaletta incrostata di ghiaccio, nevicava fitto anche se, alla fine, al suolo ne sarebbe rimasto meno di un centimetro...cercai in un qualche modo di rallentare l'ascesa per respirare quell'ultimo, tonico e denso vapore di ghiacciio ma tutti avevano fretta di salire e mi spingevano vivamente: era finita.
La rotta per Mosca compie una strana cupola, convessa verso N...cosa logica in fondo per risparmiare strada. Ovvero, la traiettoria giunge verso NW ben oltre il Circolo Polare, per poi flettere verso le estreme propaggini N degli Urali, intorno a Vorkuta insomma, ed infine, discendere su Mosca da NE verso SW. Mentre le due hostess bionde con gli occhi di ghiaccio, spiegavano le consuete procedure in caso di emergenza, continuava l'allegra sinfonia dei cellulari e, subitaneamente, l'aereo si mosse gia' accelerando un poco nell'ultima curva, prima della pista di decollo vera e propria. Le piste erano ovviamente, totalmente gelate ma, nonostante il nevischio abbastanza fitto, la visibilita' potevo stimarla maggiore di 500 m...quasi buona per la stagione.
Il Boeing, che doveva essere in tal caso una vera carretta dei cieli, muggiva penosamente mentre la plastica della parete laterale accanto all'oblo', ogni tanto sussultava...ma questo in Russia l'avevo gia' visto in svariate occasioni. Alle h. 9.20 locali (l'1.20 in Italia), con un rombo assordante che copriva anche il trillo dei cellulari, il malconcio bestione si staccava dalla pista completamente ghiacciata di Jakutsk, mi parve con un po' di fatica: ero rimasto in citta', esattamente una settimana e venti minuti.
Subitaneamente, alla mia destra vidi finalmente la Lena, immensa ed ovviamente gelata per intero, con una isoletta allungata nel mezzo. Era davvero qualcosa d'immenso, un nastro largo oltre dieci km, il fiume più imponente che avessi mai veduto, dopo il S. Lorenzo a valle di Quebec.
Dopo un'ora di volo, le nuvole erano scomparse e potevo scorgere nitidamente una citta' affondata nel bianco, molto piu' remota di Jakutsk (!) che, all'andata avevo scambiato per Olekminsk o Lensk ma, andavamo verso NW e doveva essere un'altra. Un' altra mezz'ora e la mia attenzione fu attratta da una specie di profondo cratere scavato nel ghiaccio con piccole luci verso il fondo e, poco lontano, da un villaggio che non aveva ne' strade od altro che si potesse apprezzare: doveva trattarsi di una miniera, con relative abitazioni dei lavoratori.
Fra strati nuvolosi e zone di sereno, il volo seguitava, sempre in equilibrio sulla prima luce del giorno, procedendo comunque verso W. Mi stupii nel vedere un tale immenso reticolo di fiumi ma, soprattutto, di laghi...tuttavia, non realizzavo di essere così a Nord. Se solamente dal mio spicchio di osservazione, infatti, ne apprezzavo centinaia, essi dovevano essere decine di migliaia, di ogni dimensione.
Mentre tentavo di scollare una disgustosa pappa di riso da una discreta milanese di pollo, con la coda dell'occhio apprezzai distintamente un piccolo gruppo di vette che perforava il mare di strato-cumuli sottostanti. Pur non estesa come catena, doveva trattarsi di cime almeno sui 2000 m di altezza, dato non comune da ritrovarsi nell'immenso bassopiano siberiano. Si era ormai alla quarta ora di volo ed interpellai una delle hostess per sapere all'incirca dove ci trovassimo.
Ella ci pensò un attimo, rispondendomi che probabilmente ci trovavamo a N di Omsk ma, subitaneamente si corresse, dicendomi che...no, non ne aveva la più pallida idea. In realtà, scoprii successivamente che non era molto distante dal vero, nel senso che quel gruppo montuoso sopra le nubi, null'altro poteva essere, salvo quell'area impervia
ad ESE della cittadina di Noril'sk. Eravamo dunque, oltre il 69°N (!), almeno 1200 km a N di Omsk ma, su di una longitudine non così diversa...
Fui sorpreso anche nel vedere la zona di Vorkuta quasi senza neve, che riprese solamente a coprire il suolo, ad un'ora di volo da Mosca, nella regione di Vologda, nuovamente ricca di corsi d'acqua e laghi di ogni dimensione. Per alcuni minuti, l'aereo accompagnò il decorso rettilineeo di una strada quasi libera dal ghiaccio: doveva trattarsi della lunga rotabile Mosca-Arcangelo, percorsa da un traffico che, se non poteva dirsi intenso, era già più vitale del nulla che aveva contraddistinto le migliaia di chilometri precedenti.
Sorvolammo le anse del Volga con Jaroslavl ed, in breve, fummo sopra le citta' satellite ad E della capitale, un pregevole plastico d'ingegneria ambientale con spazi boscosi di conifere e betulle, alternati a nette geometrie abitative che, viste dall'alto, formavano talora dei cerchi, talora dei disegni di foggia moderna.
Quando un vasto e leggero banco di cirri occluse in parte la vista a terra, venne annunciato che, all'AP di Mosca Domodedovo il tempo era nuvoloso con -15. Una fugace occhiata alla Moscova ed ai palazzi color ocra della grande capitale ed entrammo fra le nubi. Si poteva considerare quasi primavera, insomma ed ora mi attendevano sei ore di attesa nell'universo sfavillante del rinnovato e grandioso aeroporto moscovita, piu' altre quattro (verso sera) a Monaco di Baviera. Diciamo che questo biglietto di viaggio, ormai vicino a compiere cinque mesi, era stato si' conveniente ma ... non comodissimo (!)
Non potevo, comunque, lamentarmi di nulla. Il viaggio era andato oltre ogni migliore aspettativa...insomma...salvo la nordica capitale della dinamica Repubblica di Jakuzia...un po' diversa nella realtà...(!)...ma, non per questo, meno fascinosa...
Gianni Sperone........Mosca-Domodedovo, 30.01.2010
[Modificato da Gianni Sperone 08/02/2010 08:47]