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IL GRANDE PAPA DEL VENTESIMO SECOLO

Ultimo Aggiornamento: 24/03/2007 19:45
24/03/2007 19:39
 
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Papa Giovanni XXIII
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Giovanni XXIII, al secolo Angelo Giuseppe Roncalli (Sotto il Monte, Bergamo, 25 novembre 1881 - Città del Vaticano, 3 giugno 1963), fu Papa della Chiesa cattolica, che lo venera come beato, dal 1958 alla sua morte. Fu Terziario francescano. È ricordato con l'affettuoso appellativo di «Papa buono».

Le origini


Nato Brusicco, frazione di Sotto il Monte, da Giovanni Battista Roncalli e da Mariana Mazzola, quarto di tredici fratelli, veniva - a differenza del suo predecessore, Eugenio Pacelli, che era di stirpe nobile - da una famiglia di umili origini: i suoi parenti lavoravano infatti come mezzadri. Questo non gli impedì, grazie all'aiuto economico di uno zio, di studiare presso il seminario minore di Bergamo, per poi vincere una borsa di studio e trasferirsi al Seminario dell'Apollinare di Roma, l'attuale Pontificio Seminario Romano Maggiore, ove completò brillantemente gli studi e fu ordinato prete nella chiesa di Santa Maria in Monte Santo, in Piazza del Popolo, nel 1905.

Nel 1901 era stato coscritto ed arruolato nel settantatreesimo reggimento fanteria, brigata Lombardia, di stanza a Bergamo, come cappellano militare.

I primi passi nella carriera ecclesiastica

Nel 1905 fu scelto dal nuovo vescovo di Bergamo, Giacomo Radini-Tedeschi, quale segretario personale. Roncalli si segnalò per la dedizione, la discrezione e l'efficienza. A sua volta Radini-Tedeschi rimarrà sempre guida ed esempio per Angelo Roncalli. Roncalli restò al fianco di Radini-Tedeschi fino alla morte di questi, il 22 agosto 1914, durante questo periodo si dedicò altresì all'insegnamento della storia della Chiesa presso il seminario di Bergamo.

Fu richiamato nel 1915, a guerra iniziata, nella sanità militare e ne fu poi congedato col grado di tenente cappellano.

Nel 1921 papa Benedetto XV lo nominò prelato domestico (che gli valeva l'appellativo di monsignore) e presidente del Consiglio Nazionale Italiano dell' Opera della Propagazione della Fede. In tale ambito egli si occupò fra l'altro della redazione del motu proprio di Pio XI Romanorum pontificum, che divenne la magna charta della cooperazione missionaria.

Le missioni diplomatiche


Nel 1925 papa Pio XI lo nominò Visitatore Apostolico in Bulgaria, elevandolo al grado di vescovo e affidandogli il titolo della diocesi di Aeropolis. Si trattava di una diocesi antica della Palestina, una cosiddetta diocesi in partibus infidelium, ossia, semplicemente, un titolo disponibile per attribuire il rango di vescovo - in questo caso a Roncalli - senza dovere affidare al prescelto le cure pastorali di una diocesi effettiva. Roncalli, che di fatto per incarico del Papa avrebbe viaggiato, e molto, scelse come motto episcopale Oboedientia et Pax , frase che divenne il simbolo del suo operato e che aveva ripreso dal motto di Cesare Baronio Pax et Oboedientia. L'ordinazione episcopale ad opera del cardinale Giovanni Tacci si tenne il 19 marzo 1925 a Roma nella chiesa di San Carlo al Corso.

Durante la missione in Bulgaria dovette affrontare per prima cosa la spinosa questione dei rapporti tra i cattolici di rito romano e quelli di rito uniate nonché curare le relazioni con la maggioranza ortodossa. In seguito egli dovette occuparsi pure del matrimonio tra il re bulgaro Boris III, ortodosso, e la figlia del re d'Italia Vittorio Emanuele III, Giovanna di Savoia. Papa Pio XI aveva infatti concesso la dispensa alla condizione che il matrimonio si celebrasse secondo il rito cattolico e i figli della coppia fossero educati nella fede romana. Invece, dopo la cerimonia cattolica ad Assisi, il 25 ottobre 1930, la coppia reale si sposò pure con rito ortodosso a Sofia con immensa irritazione del Papa. Tale rabbia fu accresciuta dal battesimo ortodosso dei figli della coppia a partire da Maria Luisa nel gennaio del 1933.

Nel 1935 fu nominato Delegato Apostolico in Turchia e Grecia. Questo periodo della vita di Roncalli, che coincise con la seconda guerra mondiale, è ricordato in particolare per i suoi interventi a favore degli ebrei in fuga dagli stati europei occupati dai nazisti.

Nel luglio 1943 scrisse sul diario: «La notizia più grave del giorno è il ritiro di Mussolini dal potere. L'accolgo con molta calma. Il gesto del Duce lo credo atto di saggezza, che gli fa onore. No, io non getterò pietre contro di lui. Anche per lui sic transit gloria mundi. Ma il gran bene che lui ha fatto all'Italia resta. Il ritirarsi così è espiazione di qualche suo errore. Dominus parcat illi (Dio abbia pietà di lui)»[1].

Nel 1944, papa Pio XII lo nominò Nunzio Apostolico a Parigi. Fra i suoi maggiori successi a Parigi si segnalò la riduzione del numero di vescovi di cui il governo francese reclamava l'epurazione in quanto compromessi con la Francia di Vichy. Egli riusci a fare sì che Pio XII fosse costretto ad accettare soltanto le dimissioni di tre vescovi (quelli di Mende, Aix e Arras), oltre quello di un vescovo ausiliare di Parigi e di tre vicari apostolici delle colonie d'Oltremare. Quando in seguito divenne cardinale, il presidente francese reclamò un antico privilegio riservato ai monarchi francesi e gli consegnò personalmente la berretta Cardinalizia durante una cerimonia al Palazzo dell'Eliseo.


Il Patriarcato di Venezia


Nel 1953, oltre a essere creato cardinale nel concistoro del 12 gennaio di quell'anno, fu nominato patriarca di Venezia.

Già durante questo periodo si segnalò per alcuni gesti di apertura. Fra i tanti va ricordato il messaggio che inviò al Congresso del PSI - partito ancora alleato del PCI i cui dirigenti e propagandisti erano stati scomunicati da papa Pio XII nel 1949 -, quando nel 1956 i socialisti si riunirono nella città lagunare. Ciononostante, non rinnegò mai la continuità con le posizioni storiche della Chiesa nei confronti delle sfide quotidiane: Jean Guitton, accademico di Francia e osservatore laico al Concilio Vaticano II, ricorda che, come riportato in una rivista del 2 gennaio 1957, Angelo Roncalli inviduava le «cinque piaghe d'oggi del Crocifisso» nell'imperialismo, nel marxismo, nella democrazia progressista, nella massoneria e nel laicismo.


L'elezione


A seguito della morte di papa Pio XII, Roncalli, con sua grande sorpresa, fu eletto Papa il 28 ottobre 1958.

Secondo alcuni analisti sarebbe stato scelto principalmente per un'unica ragione: la sua età. Dopo il lungo pontificato del suo predecessore, i cardinali avrebbero perciò scelto un uomo che presumevano, per via della sua età avanzata e della modestia personale, sarebbe stato un Papa di «transizione». Ciò che giunse inaspettato fu il fatto che il calore umano, il buon umore e la gentilezza di Giovanni XXIII, oltre alla sua esperienza diplomatica, conquistarono l'affetto di tutto il mondo cattolico, in un modo che i suoi predecessori non avevano mai ottenuto.

Scelse quale segretario privato Loris Francesco Capovilla, che già lo assisteva quale patriarca di Venezia. Il Capovilla restò, dopo la morte di Roncalli, un fedele custode della sua memoria.


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Il pontificato

Già nel dicembre 1958 papa Giovanni XXIII provvide a integrare il Collegio cardinalizio, che a causa dei rari concistori di Pio XII era ormai numericamente assai ridotto. Il nuovo Papa mostrò, fin da subito, un tratto di novità, in effetti egli portò il numero massimo di cardinali a settantacinque, superando il tetto di settanta cardinali ormai fermo da secoli.

Il suo pontificato fu segnato da episodi indelebilmente registrati dalla memoria popolare, oltre che da un'aneddotica celeberrima e vastissima. I suoi «fuori programma», talvolta strepitosamente coinvolgenti, riempirono quel vuoto di contatto col popolo che le precedenti figure pontificie avevano accuratamente preservato come modo di comunicazione distante e immanentistica del «Dio in Terra», qual era il ruolo dogmatico del pontefice.

Per il primo Natale da papa visitò i bambini malati dell'ospedale romano Bambin Gesù, ove con intima e contagiosa dolcezza benedisse i piccoli, alcuni dei quali lo avevano scambiato per Babbo Natale.

Il giorno di santo Stefano sempre del suo primo anno di pontificato, il 26 dicembre 1958, visitò i carcerati nella prigione romana di Regina Coeli, dicendo loro: «Non potete venire da me, così io vengo da voi...Dunque eccomi qua, sono venuto,m'avete visto; io ho fissato i miei occhi nei vostri, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore..». Memorabilmente, accarezzò il capo dell'omicida che, disperato, inaspettatamente gli si buttò ai piedi domandandogli se vi fosse per lui speranza.

Quando la moglie del presidente degli Stati Uniti, Jacqueline Kennedy, arrivò in Vaticano per incontrarlo, egli iniziò a provare nervosamente le due formule di benvenuto che gli era stato consigliato di usare: «mrs Kennedy, madame» o «madame, mrs Kennedy». Quando la Kennedy arrivò, comunque, per il divertimento della stampa, abbandonò entrambe e le corse incontro appellandola semplicemente, «Jackie!».


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Il Concilio Vaticano II e l'ecumenismo

Il radicalismo di papa Giovanni XXIII non si fermò all'informalità. Fra lo stupore dei suoi consiglieri e vincendo le remore e le resistenze della parte conservatrice della Curia, indisse un concilio ecumenico, meno di novant'anni dopo il controverso Concilio Vaticano I.

Mentre i suoi aiutanti stimavano di dover impiegare almeno un decennio per i preparativi, Giovanni XXIII progettò di tenerlo nel giro di mesi.

Il 4 ottobre 1962, ad una settimana dall'inizio del concilio, Giovanni XXIII si reco in pellegrinaggio a Loreto e Assisi (Roncalli era dall'età di 14 anni terziario francescano) per affidare le sorti dell'imminente Concilio alla Madonna e a san Francesco.

Per la prima volta, dall'unità d'Italia un papa varcava i confini del Lazio ripercorrendo quei territori che anticamente erano appartenuti allo Stato pontificio, il breve tragitto chilometrico ripristinò l'antica figura del papa pellegrino che i suoi successori sapranno portare a pieno compimento.

La gente accolse favorevolmente questa iniziativa affollando non solo i due santuari méta del tragitto (ad Assisi persino i frati salirono sui tetti antistanti la basilica), ma anche le varie stazioni dove sostò il treno papale.

Nello stesso anno (1962) approvò un documento quantomeno controverso, redatto dal cardinale Alfredo Ottaviani e diretto a tutti i vescovi del globo, riguardante la segretazione degli abusi commessi dai preti cattolici. Tale bolla papale è intitolata: Crimen sollicitationis.
Un monumento al papa Giovanni XXIII a Guardabosone (VC)
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Un monumento al papa Giovanni XXIII a Guardabosone (VC)

Giovanni XXIII incontrò al Vaticano Geoffrey Francis Fisher, arcivescovo di Canterbury, per circa un'ora il 2 dicembre 1960. Fu la prima volta in oltre 400 anni che un capo della Chiesa Anglicana visitava il Papa.

Papa Giovanni XXIII scomunicò Fidel Castro il 3 gennaio 1962 in linea con un decreto del 1949 di Pio XII, che vietava ai cattolici di appoggiare governi comunisti.


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Il discorso della luna, date una carezza...

Uno dei più celebri discorsi di papa Giovanni, forse una delle allocuzioni in assoluto più celebri della storia della Chiesa, è quello che ormai si conosce come «il discorso della luna».

L'11 ottobre 1962, in occasione della serata di apertura del Concilio, piazza San Pietro era gremita di fedeli che, se pur non comprendendo a fondo il valore teologico dell'avvenimento, ne percepivano la storicità, la fondamentalità, la difficoltà, ed erano nel luogo che simboleggia il cattolicesimo, la piazza appunto. A gran voce chiamato ad affacciarsi, cosa che non si sarebbe mai immaginata possibile richiedere al papa precedente, Roncalli davvero si sporse, a condividere con la piazza la soddisfazione per il raggiungimento del primo traguardo: si era arrivati ad aprirlo, il Concilio.

Il discorso a braccio fu poetico, dolce, semplice, e pur tuttavia conteneva elementi del tutto innovativi.

Nel momento che avrebbe dato un nuovo corso alla religione cattolica, con un richiamo straordinario salutò la luna:
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«Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela, in alto, a guardare questo spettacolo…»


salutò i fedeli della sua diocesi (il papa è anche il vescovo di Roma), e si produsse in un atto di umiltà forse senza precedenti, asserendo tra le altre cose:
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«la mia persona conta niente, è un fratello che parla agli altri fratelli divenuto padre per volontà dello Spirito, ma tutti insieme paternità e fraternità è grazia di Dio»


E, sulla linea dell'umiltà, impartì un ordine da pontefice con il parlare di un curato:
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«Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: Questa è la carezza del Papa. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto»


Il Papa ora viveva con la piazza dei fedeli, ne condivideva la serata di fine estate, ne partecipava la sofferenza e la «maraviglia» per quella luna inattesa; la Chiesa era davvero molto più comunitaria di quanto non fosse mai stata in passato. I fedeli avevano il Papa fra loro, con loro. Proprio ciò per cui il Concilio era stato voluto


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La morte

Sin dall'agosto - settembre 1962, prima ancora dunque dell'apertura del Concilio, si erano manifestati i primi segni della malattia fatale: un tumore allo stomaco, patologia che aveva già colpito altri fratelli Roncalli.

Pur visibilmente provato dal progredire del cancro, papa Giovanni firmò l'11 aprile 1963 l'enciclica Pacem in terris e, un mese più tardi, l'11 maggio 1963 ricevette dal Presidente della Repubblica italiana Antonio Segni il premio Balzan per il suo impegno in favore della pace. Fu il suo ultimo impegno pubblico.

Il Papa morì infatti dopo un'agonia di vari giorni la sera del 3 giugno 1963. Dal Concilio Vaticano II, che Giovanni XXIII non vide dunque terminare, si sarebbero prodotti negli anni successivi fondamentali cambiamenti che avrebbero dato una nuova connotazione al cattolicesimo moderno; gli effetti più immediatamente visibili consistettero nella riforma liturgica, in un nuovo ecumenismo e infine in un nuovo approccio al mondo e alla modernità.

Chiamato affettuosamente da molti il «Papa buono», Giovanni XXIII venne dichiarato beato da papa Giovanni Paolo II.
Sarcofago di vetro di Giovanni XXIII, nella Basilica di San Pietro in Vaticano
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Sarcofago di vetro di Giovanni XXIII, nella Basilica di San Pietro in Vaticano

[modifica] Encicliche di Giovanni XXIII


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Pacem in terris

Questa enciclica resta tuttora un brano fondamentale della teologia cattolica sul versante della socialità e della vita civile. Ed è per altro verso comunque un brano importante anche per la cultura sociale occidentale (anche laica) del Novecento, un testo la cui lettura (peraltro discretamente agevole) è necessaria per la comprensione di alcune tracce della politica vaticana e di quella occidentale.

Giovanni XXIII rivelò[3] che aveva affidato la composizione delle sue encicliche più famose, quelle di carattere sociale, a suoi collaboratori: nel caso della Mater et magistra fu lui stesso a confermarlo alla finestra di piazza san Pietro, precisando che il gruppo degli esperti incaricati di stendere questo testo si era rifugiato in Svizzera e lui ne aveva perduto ogni traccia. Per l'enciclica Pacem in terris accadde lo stesso: ricevendo il primo ministro del Belgio, Théo Lefévre, che si complimentava per la pubblicazione del documento, gli confidò: «Guardi, a parte alcune righe che sono mie, tutto il resto è il frutto del lavoro di altri... Sono problemi che il Papa non può conoscere a fondo». Anche il giornale umoristico belga Pan riportò l'episodio.

Letta nelle titolazioni dei suoi capoversi, parrebbe un documento pressoché statutario, costituzionale, di organica classificazione di diritti e doveri. Letta storicamente, invece, contiene in sé elementi che valsero di force de frappe per superare l'immobilismo nei rapporti idealistici fra Chiesa e Stati, allora praticamente stagnante.
Giovanni XXIII firma l'enciclica "Pacem in Terris"
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Giovanni XXIII firma l'enciclica "Pacem in Terris"

Il richiamo alle necessità dello stato sociale, mentre nel mondo occidentale cominciavano ad essere proposti schemi di capitalismo oltranzista sullo stile statunitense, giungeva in piena guerra fredda, con nazioni europee intente a pagare anche politicamente ed amministrativamente i tributi della disfatta e per questo più inclini a considerare (ciò che sarebbe stato anche strumento di facilitazione gestionale per i governi) riduzioni delle spese pubbliche per assistenza.

Per contro, l'enciclica non andava certo verso proposte di stato che da sociale potesse divenire socialista, e ristorava il ruolo di centralità dell'uomo, di libero pensiero e intendimento, ragione e motore delle scelte ideali ed obiettivo della socialità. Vale la pena di riportare il punto 5:
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«In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili»


La pace, oggetto fondamentale e dichiarato dell'enciclica, può sorgere solo dalla riconsiderazione, in senso forse «particulare» o forse meglio umanistico, del valore dell'uomo "singolo individuo" che non può annientarsi al cospetto dei sistemi, siano essi capitalistici o socialisti. È la poco ricordata «terza via», anche detta «via del buon senso», oggi riscoperta da sempre più persone e gruppi, ma già al tempo ben definita.


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GIOVANNI XXIII pdf

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Il grande papa forse ha salvato il genere umano dalla fine.
Rammento ancora come quattordicenne ero tutto spaventato per la crisi dei missili di Cuba.
Pensavamo di morire tutti.
Giovanni intervenne col Cremlino e la Casa Bianca invocando la pace.
E le navi russe invertirono la rotta con grande sollievo di tutto il pianeta.


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Crisi dei missili di Cuba
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La crisi dei missili di Cuba fu un conflitto tra USA e URSS circa lo spiegamento sovietico di missili nucleari a Cuba. La crisi iniziò il 15 ottobre 1962 e durò per tredici giorni. Dopo la vittoria di Castro nella rivoluzione cubana, gli Stati Uniti erano desiderosi di soffocare sul nascere il nuovo regime di stampo filosovietico, con il quale, già dal 1961, l'allora presidente Eisenhower aveva interrotto i rapporti diplomatici. Il suo successore, John Fitzgerald Kennedy, approvò un piano di invasione dell'isola definito dal precedente governo addestrando e appoggiando gli esuli cubani, che sbarcarono nella baia dei Porci. L'operazione fallì e Cuba, vistasi minacciata, chiese e ottenne da Mosca l'installazione di batterie di missili nucleari sul proprio territorio. Quando gli aerei spia americani li scoprirono (nell'ottobre del 1962), Kennedy ordinò il blocco navale dell'isola. Durante tutta la Guerra Fredda mai si ebbe un così alto rischio di degenerazione della crisi in conflitto armato: dopo giorni di tensione, Khrushchev, vista la fermezza di Washington, ordinò il ritiro dei missili in cambio della promessa dell'indipendenza dell'isola dagli Stati Uniti. In realtà gli Stati Uniti dovettero promettere di smantellare le loro basi missilistiche in Turchia, cosa che fecero 6 mesi più tardi ufficialmente perché vecchie e inutili. L'Avana fu considerata da quel momento un nuovo satellite dell'URSS, il più vicino al territorio americano.


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