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LA GUERRA IN ITALIA 1943-1945

Ultimo Aggiornamento: 26/04/2010 04:31
26/04/2010 04:30
 
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LA GUERRA IN ITALIA 1943-1945

# fonte: www.goticatoscana.it
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La campagna d’Italia, iniziata con l'invasione della Sicilia il 10 luglio 1943 e conclusa dalla capitolazione tedesca il 2 maggio 1945, non fu tanto la conseguenza di chiare scelte strategiche quanto il risultato di un compromesso fra gli alleati e di indecisioni da parte tedesca.

Gli Stati Uniti volevano attaccare l'Europa continentale occupata dai nazisti sbarcando in Francia, perché quella era la strada più diretta per distruggere le forze armate tedesche e sconfiggere la Germania. La Gran Bretagna invece premeva per attaccare i Balcani, per difendere gli interessi inglesi in Medio Oriente e contenere l'espansione sovietica. Gli angloamericani trovarono un accordo di compromesso sull'obiettivo intermedio di invadere la Sicilia e l’Italia meridionale per proteggere le rotte nel Mediterraneo, occupare le basi aeree della piana di Foggia e forzare l’Italia alla resa.

Anche in Germania si sostenevano strategie diverse: abbandonare l’Italia centro- meridionale e le isole ritirandosi subito sull'Appennino lungo la linea Pisa-Rimini (più o meno la futura linea Gotica), oppure combattere una lenta ritirata lungo tutta la penisola. Hitler, inizialmente favorevole a ritirarsi, fu convinto alla difesa ad oltranza dai successi delle armate tedesche nei contenere l'avanzata alleata dopo lo sbarco a Salerno il 9 settembre 1943, il giorno dopo l’annuncio dell'armistizio con l’Italia.
Durante l’inverno 1944, mentre gli eserciti contrapposti si dissanguavano lungo la Linea Gustav a Cassino e nella testa di ponte di Anzio, i contrasti fra gli alleati tornarono in superficie. Dopo la liberazione di Roma il 4 giugno 1944, la Gran Bretagna sostenne ancora la possibilità di invadere l’Istria e i Balcani e giungere alla Germania da Sud. Gli Stati Uniti pero rifiutarono di distogliere altre forze dalla preparazione dell’invasione delta Francia, e la campagna d’Italia continuò come una guerra di attrito con l’unico obiettivo di trattenere distanti dai fronte nord occidentale il maggior numero di divisioni della Wehrmacht.

L'attaccio iniziale contro la linea Gotica scattò nel settore adriatico il 25 agosto 1944. Tuttavia dopo una prima rapida avanzata l'impeto dell’8a armata britannica si spense contro la resistenza delle truppe tedesche rinforzate da sette divisioni trasferite in fretta dall’Appennino centrale che, cosi sguarnito, venne attaccato dalla 5" armata americana il 10 settembre 1944 al Passo del Giogo.

Alla fine di settembre gli alleati erano riusciti a penetrare le difese della Gotica lungo la costa adriatica e in Toscana, ma l'arrivo del maltempo e la mancanza di rimpiazzi e di rifornimenti bloccò l’avanzata impedendo uno sfondamento decisivo fino alla pianura Padana: un altro inverno di patimenti attendeva i combattenti e la popolazione. L'offensiva finale alleata scattò solo il 9 aprile 1945, portando in un mese alla dissoluzione dell'esercito tedesco e alla liberazione di tutta l’Italia del Nord in concomitanza con l'insurrezione generale guidata dalle forze della resistenza.

II 2 maggio 1945 le truppe germaniche capitolavano senza condizioni. In due anni di battaglie, gli alleati avevano subito circa 312 000 morti, feriti e dispersi, i tedeschi 336 000. All’Italia venti mesi di guerra erano costati 187 000 morti (compresi 120 000 civili, dei quali circa 40 000 periti nei bombardamenti) e 210 000 dispersi, inclusi più di 100 000 civili.


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L'ITALIA DIVISA IN DUE: LA CADUTA DEL FASCISMO E L'ARMISTIZIO DELL'8 SETTEMBRE 1943

L’Italia entro in guerra a fianco della Germania nel giugno 1940. I primi successi nazisti in Polonia e Francia facevano sperare Mussolini in una rapida vittoria che nascondesse l’impreparazione militare e la generate debolezza del paese. Ma fu un errore: tre anni dopo, quella guerra disastrosa era costata all'Italia continue sconfitte sui fronti dell'Africa, dei Balcani e in Russia, gravi distruzioni, povertà, quasi 100 000 caduti militari e più di 25 000 morti fra i civili (oltre la metà sotto i bombardamenti alleati).
Dopo lo sbarco anglo-americano in Sicilia la monarchia sabauda compromessa con il fascismo decise infine di deporre Mussolini nel tentativo di salvare la dinastia regnante.
II Duce fu arrestato il 25 luglio 1943, con la complicità dei maggiori dirigenti del partito fascista:
il regime ventennale finì fra il giubilo della popolazione, che sperava nella pace, senza che i militanti fascisti opponessero alcuna resistenza. Ma le aspirazioni popolari per una rapida uscita del paese dalla guerra, invero difficilmente realizzabili ora che l’Italia era divenuta un campo di battaglia, si scontrarono subito con i fatti. In un clima di totale indecisione politica e impreparazione militare, il nuovo governo guidato dal maresciallo Pietro Badoglio, formalmente ancora alleato dei nazisti, avviò segretamente le trattative che portarono all'armistizio con gli alleati, che fu reso noto l'8 settembre 1943. In ottobre, il nuovo governo dichiaro guerra alla Germania divenendo "cobelligerante" degli alleati.
I tedeschi, temendo il cambiamento di fronte della monarchia nonostante le assicurazioni ricevute, avevano già cominciato a spostare nuove truppe in Italia dopo l'arresto di Mussolini. All'annuncio dell'armistizio completarono l'occupazione della penisola vincendo la sanguinosa resistenza di pochi reparti italiani.
La fuga del Re e degli alti comandi verso le zone del Sud in mano agli alleati, infatti, provocò quasi ovunque il disfacimento del Regio esercito.
Abbandonata senza ordini e stanca della guerra, la maggior parte dei soldati italiani si sbandò. Più di seicentomila militari caddero nelle mani dei tedeschi che li deportarono in Germania, dove ne morirono circa 40000.
Quasi tutti gli internati rifiutarono di riprendere le armi accanto ai nazisti, e fra i militari italiani sorpresi all'estero dall’armistizio 70000 si schierarono contro i tedeschi, subendo in due anni circa 40000 morti.
L’Italia, spezzata in due dall'avanzata lungo la penisola degli alleati sbarcati a Salerno il 9 settembre 1943, si trovo così
divisa anche politicamente, sotto due governi che reclamavano entrambi la loro legittimità: quello monarchico ai Sud e quello fascista della Repubblica sociale italiana (RSI) al Nord, costituito il 23 settembre nei territori ancora occupati dai nazisti che avevano liberate Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso trasferendolo sotto loro controllo a Salò.



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LA RESISTENZA NELL'ITALIA OCCUPATA

Accanto al significato politico per il future dell’Italia, e anche senza contare l'opposizione più o meno aperta di larghe fasce della popolazione al fascismo e ai tedeschi, la resistenza "combattuta" fu importante anche sul piano militare. Si calcola che la repressione antipartigiana abbia impegnato costantemente quasi 300000 militari della RSI e della Wehrmacht, e le perdite inflitte ai tedeschi nella fase cruciale dell'autunno 1944 (quando gli alleati cercavano di sfondare la Linea gotica) raggiunsero la cifra considerevole di circa quattrocento uomini al mese. Inoltre, i lavori delle fortificazioni tedesche sull'Appenino subirono forti rallentamenti per effetto delle azioni partigiane.

Allarmati rapporti tedeschi riconoscevano che i partigiani ponevano un pericolo serio alle truppe al fronte, ai rifornimenti e al funzionamento delle industrie di guerra italiane (che contribuivano al 12% dello sforzo bellico tedesco). Più in generale, la presenza sui territorio delle forze partigiane, che in pratica limitava il controllo della RSI alle sole fasce pianeggianti del Nord Italia e alle città, rafforzò l'ostilità della maggioranza degli italiani contro tedeschi e fascisti, portò al fallimento della leva della RSI, impedì ai tedeschi di trasferire forzatamente in Germania tre milioni di lavoratori italiani, come nei loro piani, e salvò dalla distruzione della Wehrmacht in ritirata una buona parte dell'apparato industriale settentrionale, facilitando la ripresa economica dell’Italia nei dopoguerra.

L'importanza militare della resistenza

La resistenza armata contro tedeschi e fascisti inizio subito dopo l'8 settembre e si concluse con la liberazione dell’Italia settentrionale nell'aprile 1945. I primi gruppi di combattenti irregolari si costituirono spontaneamente subito dopo l'armistizio, soprattutto al Nord. Nei mesi successivi
il movimento del la resistenza si allargo e assunse connotati politici più chiari sotto la direzione dei riorganizzati partiti antifascisti.
Questi, dopo la liberazione di Roma nei giugno 1944, sostituirono il governo Badoglio alla guida politica dell’Italia liberata accanto all'amministrazione militare alleata.
I partiti dirigevano la resistenza attraverso il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) e le sue articolazioni regionali, ed erano collegati clandestinamente alle forze nei territori occupati dai tedeschi, anche se talvolta i quadri locali si muovevano con molta autonomia.

A partire dall’inverno 1943 le prime "bande" di ribelli (come spesso amavano essi stessi chiamarsi) si consolidarono in
formazioni meglio organizzate, prevalentemente "Garibaldi" (socialisti e comunisti) e "Giustizia e Libertà " (laici progressisti), con accanto anche alcune formazioni cattoliche e, soprattutto in Piemonte, "autonome" di orientamento monarchico.

Al momento della massima espansione
nella primavera 1945 le formazioni partigiane includevano circa 120000 effettivi.
Nei venti mesi di occupazione tedesca i combattenti in montagna furono in totale circa 200000, quelli attivi nelle città altri 100000.

I morti fra i partigiani furono quasi 45000, 21000 i feriti gravi, mentre le rappresaglie tedesche e fasciste sulla popolazione civile, particolarmente sanguinose in Toscana, causarono circa 10000 morti.


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